Le toghe non devono andare in televisione a illustrare le incriminazioni contenute nelle loro indagini. Il rischio è quello dell’effetto “sentenza anticipata”, una pratica molto in voga nell’ultimo periodo.

L’intervento all’inaugurazione dell’anno giudiziario del neo procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, si è incentrato sul richiamo alla sobrietà comunicativa dei magistrati. Pur senza aver citato espressamente nessuno, tutti i presenti nell’aula magna della Cassazione hanno capito chi fosse il magistrato destinatario della “raccomandazione”. Un pm.

«È ricorrente la polemica – ha precisato infatti Salvi – circa le dichiarazioni rese da magistrati del pubblico ministero. La moderazione nelle dichiarazioni, resa necessaria dalla precarietà dell’accertamento non ancora sottoposto alla piena verifica del contradditorio, è manifestazione della professionalità del capo dell’Ufficio».

«La comunicazione, nei toni misurati e consapevoli, deve essere tale da evitare anche solo il sospetto che non la fiducia della pubblica opinione sia ricercata, ma il suo consenso», ha aggiunto il pg della Cassazione, secondo cui «questa sarebbe la fine dell’indipendenza del pubblico ministero».

«L’informazione non è resa nell’interesse del magistrato o della Procura; è un dovere di ufficio e il pm deve attenersi ai doveri di riservatezza e correttezza, come manifestazione e riflesso della imparzialità e della indipendenza. Ne consegue che toni enfatici, tali da generare nell’opinione pubblica la convinzione della definitività dell’accertamento, sono professionalmente inadeguati e lesivi dei diritti degli indagati», ha quindi concluso il pg.

Da parte di Salvi un richiamo alle garanzie e un ritorno allo Stato di diritto dopo anni di una narrazione che ha portato a considerare gli innocenti nei processi solo come dei colpevoli che l’hanno fatta franca. Ma oltre allo stop al processo mediatico, Salvi ha avvisato le toghe che sbagliano, per loro nessuno sconto. «Il danno che il mercimonio della funzione determina all’amministrazione della giustizia è incalcolabile: queste condotte devono trovare adeguata sanzione disciplinare».