Nasce da questa considerazione un’acuta riflessione che la presidente fa in merito alla definizione di “giustizia giusta”, poiché per essere tale, questa deve permettere «di guardare al futuro», non deve «pietrificarsi su fatti passati che pure sono indelebili» ma soprattutto, «la giustizia giusta è riconciliazione, non vendetta». In rifermento alla giustizia vendicativa, ricorre alla lezione che la tragedia greca ci ha consegnato: «l’Orestea di Eschilo distrugge insieme gli individui e la polis, mentre una giustizia riconciliativa realizza l’armonia sociale». L’insegnamento eschileo riguarda proprio una decisione in materia di giustizia presa per un singolo che può però beneficiare tutta la comunità.

Infine, alla domanda di Milella se la Corte, sotto la sua direzione, sia più di destra o di sinistra, la presidente ha risposto che «la Corte non è un attore politico, non ha un programma da realizzare. La sua azione non può essere compresa attraverso chiavi di lettura di tipo politico», distinguendo tra «istituzioni politiche e istituzioni di garanzia». Difatti, ricordando che il compito della Corte Costituzione è quello di vigilare «che le decisioni degli attori politici rispettino sempre gli argini segnati dai principi costituzionali», per farlo, può ricorrere talvolta alla necessità di «“bocciare” una legge, un referendum, o altri atti dei pubblici poteri», affinché la Costituzione possa continuare ad essere, come ricorda Cartabia, quella che Giorgio La Pira chiamava «la casa comune di tutti».