Lo scontro
Prescrizione, beffa di Travaglio e pm: il Conte-bis è un mostro
Dopo settimane di scontri feroci sulla riforma della prescrizione, ha vinto il tandem Bonafede-Travaglio. Il Consiglio dei ministri, nella serata di giovedì, ha dunque approvato il disegno di legge che prevede deleghe al governo per l’efficienza del processo penale e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le Corti d’appello, al cui interno è presente il lodo Conte bis.
La prescrizione, nella nuova disposizione si bloccherà quindi dopo la sentenza di condanna di primo grado. Se l’imputato sarà assolto in appello, gli verrà riconosciuta la prescrizione in maniera “retroattiva”. Per chi è stato assolto, invece, continuerà a correre
Molte le conseguenze nefaste di questo doppio binario, da tutti i giuristi dichiarato anticostituzionale in quanto affievolisce il principio di non colpevolezza fino a sentenza definitiva. La principale è che gli appelli dei pm contro le assoluzioni saranno fissati celermente, per evitare che il processo si prescriva, mentre quelli contro le condanne andranno in coda. Oltre il danno, la beffa. Se la riforma della prescrizione è cosa fatta, sui modi per aumentare i tempi del processo lo scontro con i magistrati è però solo rinviato. Vediamo in dettaglio le norme su cui a breve si scatenerà la furia togata.
Ridefinizione della durata delle indagini preliminari. La delega individua tre termini di durata, legati alla gravità del reato su cui si indaga. I termini saranno di sei mesi per i reati meno gravi, di un anno per quelli ordinari e di diciotto mesi per i reati di maggiore allarme sociale e per quelli associativi di stampo mafioso o di natura terroristica o definibili di particolare complessità per il numero di imputati o di capi di imputazione. La durata sarà prorogabile una sola volta, di sei mesi, su istanza del pm, con provvedimento del giudice per le indagini preliminari.
Scaduto il termine massimo di durata delle indagini preliminari, il pm sarà tenuto, entro un ulteriore lasso di tempo di tre, sei o dodici mesi a seconda della tipologia di reato, a richiedere l’archiviazione o esercitare l’azione penale. Decorso tale termine, il pm sarà tenuto a notificare all’indagato la fine delle indagini e a svelare il contenuto degli atti relativi. Sarà quindi facoltà delle parti richiedere il rinvio a giudizio o l’archiviazione.
Fra i primi a replicare sul punto al ministro, le toghe di sinistra di Area. “Giudici con il timer”, il titolo della loro campagna contro Bonafede. «Il giudice che ha necessità di approfondire, giunto al 365simo giorno cosa dovrebbe fare? Lanciare una moneta o rischiare un disciplinare? Si tutelano così le vittime e gli imputa-ti? Per paradosso, si può stabilire in anticipo quando il paziente dovrà uscire dalla sala operatoria? Se il medico non fa guarire entro l’anno lo si sanziona? E poi? Chi curerà il malato?», si legge nel loro comunicato.
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