Maledetta Agcom: ha detto no al duello televisivo che avrebbe monopolizzato il dibattito politico. Il 23 maggio, oggi, era cerchiato in rosso sul calendario: doveva essere il giorno dei giorni della campagna elettorale. Giorgia contro Elly in diretta tv su Raiuno. Da settimane Bruno Vespa si stava fregando le mani più del solito. Al limite della consunzione. Non si sarebbe parlato d’altro. Perché, diciamolo, il clou della campagna elettorale è il confronto tv. Il resto è cascame novecentesco: il porta a porta, l’esplorazione del territorio, il confronto con le piazze. Ciao core. Enrica Chicchio oggi non sappiamo neanche chi sia. Fatto sta che prima dello stop dell’Agcom aveva provveduto a dotarsi di un nuovo telefono dedicato solo ai giornalisti. Mezzo mondo l’avrebbe chiamata. Lei che balzò agli onori delle cronache per essere l’armocromista di Elly. Proprio ieri invece, su Instagram, si arrangiava con un triste status pubblicitario: “Hai mai fatto un corso di ARMOCROMIA con NOI?”. Alla ricerca delle giuste nuance colore; delle corrette schiariture; del taglio valorizzante, di styling e make up. Del resto la vita continua.

Dalle piazze alla mezza ritirata

Non va meglio alla donna che le ha regalato il warholiano quarto d’ora di notorietà. Era tutta baldanzosa Schlein quando nemmeno un mese fa annunciò all’assemblea dei senatori del Pd: “Vi chiedo di mobilitarci in modo forte: il 2 giugno faremo una manifestazione sulla Costituzione e l’Europa federale contro il premierato e l’autonomia differenziata”. Il tempo di sognare folle oceaniche che avrebbero contraddetto la celebre frase di Pietro Nenni: “Piazze piene, urne vuote”. Poi, Schlein è venuta a più miti consigli. La meno pretenziosa piazza Testaccio cuore del quartiere dove abita la segretaria Pd. Vicino casa. Una mezza ritirata, ammettiamolo. Farcita di rigore istituzionale, “per non oscurare il 2 giugno e il presidente Mattarella”. La realtà è che il timore di flop era molto alto. E a una settimana dal voto sarebbe stato un boomerang irrimediabile. Decisamente più doloroso della distanza dal suo grande sponsor Franceschini che non l’ha seguita sulla decisione di firmare il referendum della Cgil contro il Jobs Act. Distanza che pure conta considerando che nel partito la segretaria è pur sempre in minoranza. E se aggiungiamo che la sua candidatura europea è nata con la bacchettata di Romano Prodi, possiamo concludere che fin qui si sono viste campagne elettorali entusiasmanti.

Tarpate le ali alla borgatara di governo

Non va meglio a Giorgia Meloni. Anche a lei avrebbe fatto tanto bene il dibattito nel rassicurante salotto di Vespa. Nell’uno contro uno “Giorgia” offre il meglio di sé, con quell’immagine di borgatara di governo che tanto piace. Sono giorni complessi per la presidente del Consiglio. Non c’è giorno che non pesti una simil merda, per dirla con un linguaggio popolare. L’ultima è stata la pugnalata del viceministro Leo sul redditometro. Era dai tempi di Visco nel 2006 che non si assisteva a un autogol simile in materia fiscale in piena campagna elettorale. La premier è andata su tutte le furie. È stata lei a sollecitare l’intervento del direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, che ieri ha provato a mettere una pezza definendo il redditometro uno strumento residuale. E poi lo ha sospeso proprio. Fosse solo il redditometro.

Chico Forti come Angela Merkel

L’ansia da prestazione ha giocato un brutto scherzo persino a una navigata come lei. L’accoglienza riservata a Chico Forti, come se fosse andata a ricevere all’aeroporto Angela Merkel, non è stato proprio un atto da far impennare i sondaggi. Stiamo parlando pur sempre di un ergastolano, condannato negli Stati Uniti non in un regime dittatoriale. Avrebbe potuto intascare il successo di averlo riportato in patria evitando di sposarne in toto la causa. Anche in Europa sta zigzagando, le è passata l’infatuazione per Ursula von der Leyen e si è buttata nuovamente a destra. L’impressione è che Giorgia, non senza ragioni, soffra del complesso di Atlante. Si trascina il partito sulle spalle e sa bene che appena rallenta un attimo è tutto un Lollobrigida che porterebbe la pace del mondo con cenette lounge tra un Barbera e un Sauvignon; o appunto un Leo che ripesca il redditometro. Meno male che ci sono la vicenda Scurati e le pulsioni girotondine, quelle sì che hanno portato benefici alla premier.

La stanchezza si nota…

Tutto questo per colpa dell’Agcom. E non di Michele Santoro che si era intestato il merito (è sempre questione di punti di vista): il suo ricorso, si è saputo ieri, è stato respinto a maggioranza. Fatto sta che se non fosse intervenuto il garante per le comunicazioni, ora Giorgia e Elly avrebbero avuto in testa un solo problema: il look per Bruno Vespa. Saremmo sommersi dal duello al femminile, dall’Italia che cambia, dal fiume di retorica e di articoli di costume. La polarizzazione in automatico del dibattito politico. E invece no. Le due sono costrette a calarsi nella quotidianità della contesa. La stanchezza si nota. E anche qualche passaggio a vuoto. E mancano ancora una quindicina di giorni.