Gli imputati, pronti a essere giudicati dal Tribunale Etico della Commissione Bicamerale Antimafia, sono già 459. Tanti sono i nomi già presentati dai partiti per una sorta di controllo preventivo che dovrebbe far conquistare ad alcuni il bollino blu e ad altri la stella gialla da portare sul petto. Cioè “presentabilità” o “impresentbilità” alle prossime elezioni amministrative di ottobre. Si tratta di pre-liste, in gran parte segrete (pochissimi eletti ne conoscono i nominativi), che i vertici dei vari partiti hanno compilato con una certa riservatezza, in modo da non correre il rischio, come già capitato in passato e con notizie che avevano suscitato molte polemiche, di trovarsi al centro di qualche scandalo il giorno prima delle elezioni.

Nicola Morra, Presidente della Commissione Antimafia, cioè il più Puro dei Puri, uno che se un amico come Davigo gli rivela un segreto, lui va subito a spifferarlo in Procura, ha pensato, bontà sua, di metter mano al regolamento e di venire incontro ai partiti. Così, consegnando le pre-liste ed eliminando subito il materiale infetto, cioè depennando il nome di qualche indagato, si eviterà di arrivare a ridosso delle elezioni, quando ormai gli elenchi sono depositati e immodificabili, con qualche stella gialla al petto di qualcuno, che possa far perdere voti al partito di appartenenza.
Poiché queste pre-liste sono per ora segrete, non sappiamo quali e quanti partiti abbiano aderito alla proposta di Nicola Morra. Ovviamente nessuno è obbligato a collaborare, siamo ancora su un terreno di opzione volontaria, un po’ come quella, ben più seria, di vaccinarsi. Ma il Presidente conta molto sull’implicito ricatto morale che sta dietro all’operazione, con il solito discorso ipocrita che chi non ha niente da nascondere può lasciare sbudellare a piacere la propria reputazione e la propria vita.

Non è un caso che la prima lista di “impresentabili” sia stata creata da una Presidente come Rosi Bindi, la cui storia politica racchiudeva in sé il moralismo di certo mondo cattolico e di quello comunista. Era il 2015 e a Palazzo Chigi c’era Matteo Renzi, uno che non le stava simpatico. E ancor meno poteva piacerle quel rappresentante di una sinistra creativa (ma molto efficiente) che portava il nome di Vincenzo De Luca. Quello che aveva fatto faville come sindaco di Salerno e che in quei giorni ambiva a diventare nientemeno che il governatore della Campania. Sicuramente non fu per antipatia, ma perché, come avrebbe detto un famoso Pm di Milano, “la carta canta”, che De Luca fu definito “impresentabile” in quanto indagato per la vicenda del Sea Park, il parco marino realizzato a Salerno quando lui era sindaco. Sarà poi assolto, “perché il fatto non sussiste”, come spesso accade in questi casi. Ma intanto nel 2015, a quarantotto ore dal voto, il suo nome era già sbattuto ovunque, sui giornali, sui social, nelle tv e quasi sui muri di città e paesi. L’uomo non è abituato a mandarle a dire, e non venne meno alla sua reputazione.

Querelò Rosi Bindi (poi un gip di Roma archiviò) e definì l’iniziativa della Commissione Antimafia come “infame e eversiva” . E poi, dopo l’assoluzione, su Twitter parlò della «vicenda per cui una avventurosa parlamentare ci aveva presentato come impresentabili». Lui nel frattempo era diventato il governatore della Regione Campania. In cui, insieme alla Puglia, erano stati altri 16 i nomi, in gran parte del centrodestra, che avevano meritato la famosa stella gialla dell’infamia. L’esempio della vicenda di Vincenzo De Luca non insegnò nulla purtroppo al successore di Rosi Bindi alla Presidenza della Commissione Antimafia. Un po’ perché Nicola Morra è uno di quelli, come tanti grillini, che la toga del moralismo ce l’ha sottopelle, ma anche perché ormai l’Antimafia serve solo a dare un po’ di consulenze agli amici magistrati e a fare le liste degli “impresentabili”. Che regolarmente vede la luce anche nel 2020, a tre giorni dal voto del 20-21 settembre. I nomi sono 13, e questa volta la selezione avviene, oltre che sulla base del codice di autoregolamentazione della Commissione, anche sulla base della legge Severino. Ma il punto di partenza è sempre lo stesso: quel che si giudica non è il reato ma la persona, quella su cui si dà un giudizio moralistico.

Che cosa cambierà nel prossimo mese di ottobre? Sostanzialmente niente, perché alla vigilia delle elezioni amministrative comunque la sentenza del Tribunale Etico verrà emessa. Ma la cosa peggiore è che già da adesso – e siamo a metà agosto – alcuni partiti abbiano accettato di sottoporsi all’esame del sangue preventivo, mandando allo sbaraglio (perché tanto in Italia di segreto non c’è mai niente e i nomi escono sempre) persone probabilmente per bene addirittura sulla base di un progetto di candidatura, magari anche a loro insaputa.

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Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.