«Le parole di Fulvio Martusciello dimostrano che c’è una subcultura giustizialista che si diffonde più velocemente della cultura garantista. Non vorrei che fosse la candidatura di un pm a sindaco a imporre certe esternazioni che collidono con la storia di Forza Italia». Giuseppe Gargani, ex europarlamentare e autore del libro In nome dei pubblici ministeri, non usa mezzi termini nel commentare le recenti esternazioni del coordinatore napoletano dei berlusconiani che ha definito «rifiuti» alcuni esponenti del centrodestra attualmente sotto inchiesta.
Le parole di Martusciello hanno creato imbarazzo all’interno di un partito che ha sempre difeso il valore del garantismo. Eppure nessuno dei principali leader campani di Forza Italia ha finora preso posizione sull’“anatema” di Martusciello verso indagati e imputati. Discorso diverso per Gargani che, all’epoca di Tangentopoli, qualche maligno definì addirittura “patrono degli inquisiti” per la sua ferma volontà di difendere il primato della politica dagli attacchi di certa magistratura e di alcuni organi di stampa.
Le parole di Martusciello sono la spia di una deriva forcaiola?
«Temo di sì. Quella dichiarazione è del tutto disarmonica rispetto alla cultura del garantismo che ha ispirato Forza Italia fin dalle origini e che adesso sembra finita in soffitta. Certe parole alimentano il rancore sociale e l’odio verso la politica, oltre a diffondere quella subcultura per la quale chiunque va criminalizzato e punito».
Com’è possibile che un partito, guidato da un leader finito più volte nel mirino dei pm e tradizionalmente in prima linea per il garantismo, viri improvvisamente verso il giustizialismo?
«Succede quando un partito non riesce a maturare una propria autonomia e una propria consistenza. Mi spiego meglio: Silvio Berlusconi ha fatto di Forza Italia un partito personale. Il personalismo sfrenato, però, conduce al populismo e alla demagogia. A ciò si aggiunga che, quando all’interno di una forza politica mancano valori forti e condivisi, è naturale che si creino fratture più o meno evidenti. Ma non vorrei che questa torsione giustizialista avesse cause ulteriori».
Può spiegarsi meglio?
«Non vorrei che fosse la presenza di un magistrato candidato sindaco a suggerire dichiarazioni come quelle rese da Martusciello. Catello Maresca è un pm e ragiona da pm. Anzi, porta la cultura dei pm nella politica, come dimostra la sua volontà di subordinare la candidatura al Consiglio comunale di Napoli al fatto di avere un certificato penale “immacolato”. Anche per questo resto dell’idea che i magistrati debbano tenersi a distanza dalla politica».
Oggi come oggi un garantista di destra per chi dovrebbe votare? «Non esistono garantisti di destra. Esisteva il garantismo di Berlusconi che, tuttavia, non è riuscito a concretizzarsi nelle necessarie riforme della giustizia, con la conseguenza che oggi il potere delle Procure dilaga e nessuno riesce ad arginarlo».
La deriva coinvolge anche gli altri partiti del centrodestra?
«Da una manciata di settimane a questa parte assistiamo a un autentico guazzabuglio. Forza Italia sembra mettere in discussione i valori e le battaglie che hanno caratterizzato i suoi primi decenni di vita. Fratelli d’Italia è un partito super-populista. La Lega, intanto, si schiera a favore del referendum sulla giustizia. Mi auguro che certe contraddizioni non affossino il processo di riforma avviato  dalla ministra Marta Cartabia per correggere, almeno in parte, le storture dell’era Bonafede».
Questo caos riguarda tutti i partiti, dunque, anche a livello locale?
«Certo e lo dimostra il veto posto a suo tempo da Matteo Salvini sulla candidatura di Armando Cesaro al Consiglio regionale. Cesaro non è mai stato condannato dalla magistratura e il suo impegno politico non poteva né doveva essere in alcun modo subordinato alle dichiarazioni populiste e demagogiche di Salvini. Forza Italia non avrebbe dovuto accettare un simile diktat giustizialista».
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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.