Decine di migliaia di persone, al grido di ‘Black Live Matter‘ e ‘I can’t breathe‘, manifestano in tutta America contro il razzismo e le brutalità della polizia. Ovunque, grandi metropoli e piccole città, va in scena il rito di inginocchiarsi per 8 minuti e 46 secondi, esattamente il tempo durante il quale un poliziotto di Minneapolis ha tenuto il suo ginocchio premuto sul collo di George Floyd uccidendolo.

La marcia più attesa quella di Washington, dove la protesta più che in ogni altra città viene sentita anche come una sfida al presidente Donald Trump. Oltre 6.000 persone sfilano in corteo dopo essersi radunate davanti all’iconico Lincoln Memorial e a Capito Hill, sede del Congresso. Tutti marciano verso l’area di Lafayette Plaza, di fronte a una Casa Bianca blindatissima. Il numero dei manifestanti cresce di ora in ora e le proteste, finora assolutamente pacifiche, andranno avanti per tutto il pomeriggio e la serata. In migliaia anche per le strade di New York, dove un corteo ha attraversato il ponte di Brooklyn per dirigersi a Manhattan verso City Hall, la sede del comune dove si trovano gli uffici del sindaco Bill de Blasio. Una folla enorme anche a Chicago, Philadelphia, Atlanta, Miami, Los Angeles, Seattle, Denver, Minneapolis. In migliaia in strada a Buffalo e Tacoma, le due città teatro degli ultimi due video shock delle violenze da parte della polizia.

Ma le manifestazioni si sono rapidamente diffuse in tutto il mondo. Da Londra a Sydney, da Bologna a Seul, da Torino a Tokyo. Tutto il mondo si inginocchia, in un gesto ormai diventato il simbolo della protesta per la morte di George Floyd. Da un angolo all’altro del pianeta decine di migliaia di persone sono scese in piazza, sfidando il distanziamento sociale contro il coronavirus. Con tanti cartelli e slogan, in tutte le lingue, ma con un solo messaggio: ‘Voglio respirare’. A ricordo di quei terribili ‘8:46’ minuti – simbolo diventato virale a livello globale anche sui social – in cui Floyd, immobilizzato a terra implorava di poter prendere aria mentre l’agende premeva il ginocchio sul suo collo. La scritta “Black lives matter”, il nome di Floyd scandito e l’impegno a sconfiggere le discriminazioni e le violenze in Australia hanno sfidato le regole anti-Covid, con le manifestazioni, da Sydney a Melbourne, che inizialmente erano state vietate dalle autorità.

A Parigi, i manifestanti sono stati bloccati a poche decine di metri dall’Ambasciata degli USA, a place de la Concorde, da uno schieramento massiccio di polizia. Secondo i dati diffusi dal ministero dell’Interno alle manifestazioni hanno partecipato 23.300 persone di cui 5.500 a Parigi. A Metz, nell’est della Francia, i manifestanti hanno tentato di sfondare il portone del palazzo di giustizia e nei tafferugli è rimasto leggermente ferito anche il Procuratore della Repubblica, Christian Mercuri.

E mentre sit in e manifestazioni si svolgevano anche in Italia da Napoli a Torino e i giocatori dell’Atalanta si inginocchiavano durante l’allentamento, a Berlino le piazze urlavano “Nessuna giustizia, nessuna pace”. “Vogliamo giustizia! Vogliamo respirare!” hanno gridato in centinaia anche a Tunisi mentre in Iraq ‘Io voglio respirare’ tradotto in arabo dilaga sui social. Nella capitale della Corea del Sud i manifestanti si sono riuniti per il secondo giorno consecutivo. Indossando maschere e camicie nere, hanno sfilato, scortati dalla polizia, con decine di cartelli: ‘George Floyd Rest in Peace’, ‘Koreans for Black Lives Matter’.

In Belgio, a Gand, un busto di Leopoldo II, indicato come responsabile della morte e della mutilazione di milioni di congolesi, è stato vandalizzato con della vernice rossa e coperto con un cappuccio con la scritta iconica: “Non riesco a respirare”. Manifestazione pacifica anche a Tokyo. E mentre anche Bansky ha dedicato una sua opera a Floyd, anche in Sudafrica, Polonia, Portogallo, Olanda, Spagna ci sono state iniziative per protestare contro la sua barbara morte.