Beppe Grillo starebbe maturando la sua decisione: dopo l’ennesima sberla elettorale, Giuseppe Conte è appeso a un filo. Invisibile in Parlamento, inconsistente nel partito, dopo i suoi discorsi in piazza produce nelle urne un effetto Attila: dove passa lui, non cresce più un voto. E lo schiaffo del Molise, il giorno dopo, brucia di più.

“La coalizione M5S-Pd ha perso sei volte su sei nelle ultime elezioni”, sintetizza in un tweet Lorenzo Pregliasco di YouTrend. Non servirebbero i sondaggisti per fotografare la sconfitta ma se volessimo affidarci ai numeri il Movimento Cinque Stelle che solo cinque anni fa – nel 2018 – in Molise aveva preso il 38,5%, ora prende pressappoco il 5%. Lascia sul campo il 78,3% dei voti, un crollo verticale che sarà difficile far dimenticare. Anche se la memoria della politica è sempre labile, tanto che Giuseppe Conte, che pure in Molise si era trasferito più giorni, adesso non ne parla più. Non si è dato neanche la pena di affidare alle agenzie una onesta dichiarazione, quell’ammissione della sconfitta che è una consolidata prassi da rispettare.

Parla invece il vincitore. “Abbiamo dimostrato che probabilmente il populismo di Giuseppe Conte e Beppe Grillo ormai sta alla frutta, in Molise. La mia è stata una campagna elettorale basata su una coalizione inclusiva, mentre dall’altra parte c’erano veti trasversali”, può concludere il neo governatore della Regione, Francesco Roberti.

Beppe Grillo d’altronde sembra determinato ad un ricambio al vertice che rimetta ordine tra i ranghi sfilacciati (e scoraggiati) del Movimento. Dopo aver incontrato Conte l’ultima volta a Roma, ed aver disorientato i presenti al suo comizio ai Fori con la boutade dei passamontagna, il Garante era tornato a Genova per dettare su Twitter quello che oggi suona come l’avvisaglia di un redde rationem inevitabile: “Figli miei, capisco la vostra spossatezza, il vostro sconforto. Ma è giunto il momento di rialzarvi e riprendervi dal torpore in cui siete sprofondati”.

Fino a ieri c’erano sul piatto due donne: Chiara Appendino e Virginia Raggi. Proprio ieri però la corte d’Appello di Torino ha confermato la doppia conforme di condanna dell’ex sindaca di Torino per i fatti del giugno 2017 in piazza San Carlo. La conferma è per 18 mesi di carcere: due vittime, 1.600 feriti, per un’accusa che prevede per l’Appendino omicidio colposo, disastro colposo e lesioni plurime colpose.

“Naturalmente – non può che dire Appendino – rispetto questa sentenza ma, una volta rese note le motivazioni, presenterò ricorso in Cassazione, sicura di poter far valere le mie tesi difensive nel prossimo grado di giudizio”. E avanti un’altra. Tocca a Virginia Raggi, la contestatissima ex sindaca di Roma che pure non può vantare grandi meriti, avendo dimezzato il Movimento nella capitale, passato da oltre 400.000 elettori a 200.000. Rimane tuttavia la miglior risorsa a disposizione di Grillo, che la potrebbe in una prima fase affiancare a Conte.

Lei in tribunale c’è stata, in questi giorni, e ha vinto: per quel titolo di Libero di sei anni fa, “Patata bollente”, ha ottenuto ragione anche in Appello. Ne approfitta per lanciare quello che suona come una rivincita: “Ho ricevuto colpi bassi da chi diceva di essere mio amico. Sembrava che tutto fosse lecito. Siamo donne, non per questo siamo disponibili”. A meno che non chiami il Fondatore. In quel caso Raggi c’è, ci sarà. Alessandro Di Battista le scrive: “Felicità, vai alle Maldive, in Brasile, in Yùcatan. Caiphirina in mano”. C’è aria di festa, per qualcuno, nel Movimento. Se Conte fa un passo indietro, c’è chi è pronto a brindare.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.