Economia
Nella Fase 2 l’emergenza sono le mamme: per 3 milioni il dramma di conciliare lavoro e figli
Una festa della mamma dal sapore amaro quella che festeggeranno domani milioni di lavoratrici italiane: con la Fase 2 che comporterà il ritorno a lavoro per molti italiani, si acuiscono ancora di più i disagi connessi alla doppia gestione “lavoro e famiglia”.
Specie per i 3 milioni di donne con almeno un figlio piccolo (con meno di 15 anni), circa il 30% delle occupate totali (9 milioni e 872mila), che saranno il segmento più in affanno nei mesi futuri, considerato che lo scenario di riapertura delle scuole, ma anche dei tanti servizi dedicati alla gestione del tempo libero dei giovanissimi, sarà fortemente condizionato dall’emergenza Covid-19. Dunque, tra turnazioni degli studenti, alternanza casa-scuola, formazione a distanza, le mamme italiane dovranno gestire una quotidianità particolarmente complessa. E molte potranno trovarsi di fronte al dilemma se continuare a lavorare oppure no.
È questo lo scenario che emerge dal nuovo report della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro “Mamme e lavoro al tempo dell’emergenza Covid-19”. Dallo studio emerge che in questi due mesi di sospensioni e lockdown, le donne con figli hanno lavorato più dei papà. Un fattore collegabile al differente livello di occupazione tra uomini e donne nei settori industriali e nei servizi essenziali, laddove la presenza femminile risulta più bassa nei primi e più alta nei secondi. Se si guarda poi allo smart working, si scopre che sono le lavoratrici meno qualificate quelle che dovrebbero necessariamente recarsi in sede per lavorare e parallelamente accudire in prima persona i figli con meno di 15 anni: si tratta di 1mln 426 mila lavoratrici (il 48,9% delle lavoratrici mamme), di queste circa 710 mila percepiscono uno stipendio netto inferiore ai 1.000 euro.
Gli interventi finalizzati a sostenere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro delle numerose mamme lavoratrici, come il bonus baby-sitting o i congedi parentali straordinari, possono essere uno strumento utile in fase d’emergenza, ma difficilmente “strutturabile” nel lungo periodo, soprattutto in termini di costi. Alla fine della fase 1, a fronte di una richiesta molto ampia di congedi straordinari (al 28 aprile risultavano erogate 242.206 prestazioni secondo l’ultima rilevazione Inps) le domande di bonus baby-sitting sono state molto più contenute (pari a 93.729), anche a causa delle difficoltà di reperire in tempi brevi una persona adatta ad accudire i figli.
Per Rosario De Luca, presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, è certamente “utile confermare e prorogare con il prossimo decreto gli strumenti di sostegno emergenziali già previsti per le famiglie, ma al contempo bisogna pensare a strumenti strutturali per rafforzare i servizi di assistenza per la cura dei figli. Solo in questo modo riusciremo a superare il ritardo italiano delle donne a lavoro che rischia, se non colmato in tempi brevi, di lasciare a casa molte lavoratrici mamme. Soprattutto a causa di questa emergenza sanitaria”.
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