Presto, tra i due leader, si passò dal “lei” al “tu” pur continuando a chiamarsi per cognome e piano piano – mentre uno invecchiava e l’altro meno, pur non essendo certo giovane – cominciarono con circospezione a scambiarsi informazioni sulla salute, sulla famiglia. Mentre l’Italia imboccava curve pericolose. Non furono proprio amici ma si stimavano e soprattutto avevano fiducia l’uno dell’altro, pur essendo capi di due partiti diversi – i nemici veri ce l’avevano in casa propria – perché entrambi capivano al volo le difficoltà dell’altro e le cause dei problemi enormi che per qualche anno dovettero fronteggiare.

Sanguigno e impaziente l’uno, meditativo e lento il secondo. Generazioni diverse, ideologie lontane. Persino esteriormente erano diversissimi: il basco sulla faccia rotonda il primo, grisaglia grigia sul viso smunto l’altro. Pietro Nenni e Aldo Moro furono due giganti della politica italiana. Esce adesso un prezioso libro, “Il carteggio ritrovato (1957-1978)” (Arcadia Edizioni, introduzione di Renato Moro, prefazioni di Fabio Martini e Marco Damilano) che ci squaderna questo rapporto «tra gentiluomini», come scrive Renato Moro nella sua illuminante introduzione, indispensabile per inquadrare la complessa stagione del centrosinistra, certamente l’esperienza di governo più avanzata, con i suoi alti e bassi, della storia repubblicana. «Il passaggio più tortuoso – scrive Damilano – ma anche per certi versi il momento più luminoso di una politica consapevole della sua fragilità».

Dal fitto epistolario tra i due leader viene fuori benissimo la difficoltà di quella impresa che pure in qualche modo resse per un decennio circa, e il lavoro tenace di Moro e Nenni per condurla in porto, malgrado gli americani, le trame, le oggettive e soggettive carenze politiche dei loro due partiti. Tranne qualche screzio di secondo piano, v’è sempre un’intesa di fondo tra i due. Anche se per l’anziano leader socialista il centrosinistra era il terreno per le famose riforme di struttura, mentre per lo statista democristiano costituiva piuttosto un passaggio da gestire con cautela per non strappare la fragile tela democratica che egli capiva di dover irrobustire ancora.

È un bel testo di storia politica, dunque. Ma la sua squisitezza, torniamo al punto, sta nel cogliere il garbo, lo stile, il senso di solidarietà umana e politica che pervade tutto il carteggio. Così, per fare un esempio, quando alle politiche del 1968 il Psi va male, Moro così scrive all’amico: «Caro Nenni, io sento, vedo, quanto te l’amarezza per il risultato inadeguato conseguito dal tuo partito che, per il suo senso di responsabilità ed il suo sacrificio, meritava un pieno successo. Desidero dirti dunque, su di un piano puramente umano e non politico, come ti sia vicino in questo momento».

L’ultimo messaggio del presidente del Psi a quello della Dc è del 9 febbraio 1978, Nenni risponde agli auguri inviatogli dal leader democristiano: «Grazie, caro Moro, degli auguri e un cordiale saluto». Si chiamavano per cognome dopo decenni di conoscenza e, come si è visto, di grande vicinanza umana. Era un altro mondo. La lotta politica era non solo ma soprattutto confronto innanzitutto di idee. Non ce la fecero del tutto, seppure quella del centrosinistra resta un grande stagione di avanzamento in tanti settori della vita pubblica nella quale due uomini come Pietro Nenni e Aldo Moro davvero diedero se stessi, per la causa di un paese migliore e lo fecero con stile e rigore. Ed evitiamo paragoni con l’oggi.