La crisi della politica
Non serve un riassemblamento dei partiti ma un’agenda riformista ed europeista
Lo scontro nei Cinquestelle, depurato da tutte le insopportabili ipocrisie dei principali attori, è il sintomo sempre più evidente del loro irreversibile disfacimento. Adesso spetta a Draghi elevare il dibattito sgombrando il campo da irresponsabilità ed opportunismi di bottega e chiedere una netta pronuncia in Parlamento su un punto costantemente eluso e cioè: l’Italia è parte essenziale di un Europa trascinata in una guerra non voluta e provocata dall’aggressione russa all’Ucraina. Solo così sarà possibile dissolvere quel grumo di ambiguità di gran parte delle classi dirigenti italiane ed europee che se da un lato accettano uno stato di guerra, dall’altro non ne corrispondono con atti e impegni adeguati.
Draghi colga questa occasione anche per rilanciare lo stesso progetto europeo cominciando col superamento dell’unanimità nelle grandi decisioni del consiglio e nel dare avvio a forme di cooperazione rafforzata in politica estera e in difesa. Un dibattito, appunto, che non riduca il confronto solo alla ricerca di un “Lettering” della risoluzione ma che spinga le forze politiche italiane e quelle riformiste in particolare, a esercitarsi in un protagonismo capace di ripensare ad un nuovo ordine ed una pace mondiale. È necessario, al punto in cui siamo giunti, un salto di qualità in grado di spingere le forze politiche nella ricerca di nuove soluzioni ad una crisi prima politica poi istituzionale ed infine di sistema.
Sono anni infatti che ci giriamo in tondo, cercando di aggirare le difficoltà e vivendo sostanzialmente alla giornata. Espedienti elettorali e improvvisate alchimie politiche, come la storia di questi lunghi anni insegna, sono serviti solo a ingrossare le vele dell’astensionismo e nella peggiore delle ipotesi a dare forma “sine materia” ai populismi di destra e di sinistra. A questo stallo si può rispondere solo con proposte all’altezza della sfida. Riformiste, radicali, ambiziose, coraggiose e capaci di sfondare il tetto della diffidenza. Altro che Centro o nuovo Ulivo e i suoi giri di valzer. Fa bene Carlo Calenda a insistere e tenere botta su questo punto. Non è di un riassemblamento di partitini che abbiamo bisogno ne tanto meno ci interessa una rendita di posizione e ne vogliamo limitarci, in questa presunta specializzazione di compiti, a rappresentare una minoranza acculturata ed economicamente più o meno tranquilla. Vogliamo invece ridare una nuova speranza al paese e soprattutto ai suoi giovani.
Questa realtà può e deve cambiare e abbiamo la speranza di appassionarli al nostro sforzo. Un paese in cui la denatalità e un’emigrazione giovanile di oltre 250.000 residenti l’anno, dovrebbero rappresentare i primi due punti di un’agenda che abbia almeno la pretesa di non discostarsi dalla realtà. I punti di un’agenda riformista ed europeista sono già in embrione: linea comune sull’energia, salario minimo, obbligo scolastico fino a 18 anni, legge sul fine vita, lotta all’evasione e alla irresponsabilità fiscale della destra, riconsiderazione della riforma del reddito di cittadinanza, transizione ecologica senza cedere a forme di luddismo o suggestioni decrescita infelice e senza rinunciare a tutto quanto le nuove tecnologie ci mettono a disposizione. Si può partire da qui per allargare il campo delle alleanze senza baloccarci con formule astruse e destinate all’inconcludenza.
© Riproduzione riservata







