Attribuire la palma del vincitore per le amministrative non è facile. L’Italia dei Comuni dà il meglio di sé nelle realtà locali, dove il particolare può a buon diritto primeggiare sul generale. Ma i numeri parlano: e tra le città più grandi in cui si è votato, dati alla mano, 33 sono andate al centrodestra, 29 al centrosinistra, 11 a liste civiche, 8 ad altri tra i quali spicca il terzo polo Azione-PiùEuropa.

Nessuna grande città va a quel M5S da solo, che negli ultimi anni ci avevano spacciato come fenomeno irrefrenabile. Per loro si è chiuso un ciclo. E se la parola finale sulla sfida tra centrodestra e centrosinistra si avrà solo con il turno di ballottaggio, tra due settimane, oggi i sindaci subito eletti nei capoluoghi di regione sono tre. Di gran peso, e tutti di centrodestra: a Palermo vince Lagalla; a Genova si conferma Bucci; a L’Aquila, Biondi. Il centrosinistra rielegge subito il sindaco di Padova, Sergio Giordani, e riceve sorprese da Verona, con l’ex calciatore Damiano Tommasi che fa un buon piazzamento. Ma sono soprattutto gli equilibri interni tra Fi, Lega e Fdi a stare sotto la lente.

Nel centrodestra Fdi sorpassa Salvini
“Fdi sta crescendo dappertutto”. Volti distesi, sorridenti nella storica sede di An. La vittoria a portata di mano a Palermo e Genova, premia il centrodestra unito, ma quello che fa gongolare i ‘meloniani’ è sicuramente l’affermazione del partito e il possibile ‘sorpasso’ sulla Lega. Basti pensare che a Verona, dove spicca l’affermazione a sorpresa dell’ex calciatore della Roma dello scudetto, Damiano Tommasi, sostenuto dal centrosinistra, Fratelli d’Italia, almeno secondo la proiezione Swg per La7 relativa al voto di lista con l’11,6% supera il Carroccio che si ferma al 6,1%. A Palermo la lista di Fdi fa l’8,4% (mentre Fi raggiunge quota 12%) e nel capoluogo ligure si attesta sul 10,1%.

Non male il risultato ottenuto, per ora, anche a Catanzaro, dove Fdi ha corso da solo con Wanda Ferro (all’8,7%). A Parma dove è in vantaggio Michele Guerra con il 46,6% contro il 21,8% di Pietro Vignali, la lista è al 6,9%. Di fatto, se le proiezioni dovessero essere confermate, Fdi fa un altro passo avanti decisivo verso la leadership del centrodestra, lanciando un messaggio preciso a Salvini. I vertici di via della Scrofa non lo dicono, dribblano le domande in proposito, ma sono consapevoli che il ‘primato’ nella coalizione è sempre più a portata di mano. Luca Ciriani, capogruppo al Senato, appena arrivato, è molto chiaro in proposito: “Stando alle proiezioni, Fdi cresce dappertutto e di questo non si può non tener conto…”. Parole rivolte agli alleati, quasi a sottolineare che d’ora in poi bisognerà prendere atto del cambio degli equilibri interni al centrodestra. Lorenzo Pregliasco, di YouTrend, lo dice chiaramente: “Con Fdi che supera la Lega anche al Nord, si entra in una fase nuova a destra”.

Salvini nella tempesta perfetta
Non si esaurisce il periodo negativo per Matteo Salvini. Il Capitano chiama la ciurma sulla tolda di via Bellerio, temendo segretamente un ammutinamento. E infatti tira un sospiro di sollievo quando ne esce: “Ho sentito più proposte che proteste”. Anche perché Giancarlo Giorgetti era assente. «Per motivi di salute e familiari, su cui né io né alcun giornalista ritengo debba entrar nel merito. Spero che almeno quando si parla di salute, nessuno faccia ricostruzioni bizzarre, anche perché ci vediamo in settimana». È però la salute della Lega. Il principio della leadership nel centrodestra rimane quello: «Chi prende un voto in più fa il presidente del Consiglio, il sindaco, il governatore: è così in democrazia», dice Salvini. Che assicura di essere al lavoro «perché sia un centrodestra unito, però il voto di Padova lo lasciamo sulle questioni di Padova, quello di Messina sulle questioni di Messina. Chi prende un voto in più vince, a me interessa che vada avanti il centrodestra. Le scelte dei Comuni riguardano i sindaci», chiosa. Ma la tempesta perfetta che gli si sta abbattendo sulla testa è faticosa da tenere nascosta. I suoi biglietti per Mosca, pagati dall’Ambasciata russa – la notizia sarebbe stata data da ambienti dei servizi – sono solo una delle ultime gocce piovute su un vaso già traboccante.

Il centrosinistra appesantito dal M5S
Il Campo Largo è diventato un camposanto. Al Nazareno le tradizionali bocche cucite tendono a parlare, si sfogano. “Il Campo largo è finito. Meglio Calenda di Conte”. La palla al piede del centrosinistra ha un nome, Movimento, e un cognome, Cinquestelle. È tutta sua la responsabilità di aver frenato il buon esito di una tornata che avrebbe potuto garantire ben altro risultato al centrosinistra se questo avesse giocato il suo ruolo fino in fondo. C’è soprattutto delusione, ed è su questo dato che Enrico Letta dovrebbe oggi mettere la testa, sullo scarso apporto del M5s. Il caso di Palermo è clamoroso. Lì avevano sfiorato il 14% alle ultime amministrative, e oggi i Cinque Stelle hanno preso il 6. Non per averla sottovalutata. Scrive Dagospia: “Conte a Palermo ha lasciato selfie e sudore”. Inutilmente. La lista Azione-PiùEuropa, senza fatica, ha ottenuto nel capoluogo siciliano il 9,2%, tanto per capirci.

Stessa dinamica a L’Aquila, dove il Movimento non porta alcun risultato utile e contribuisce ad affondare Stefania Pezzopane. A Genova, nella città di Beppe Grillo, il M5S scompare. A Taranto prendono il 4%. A Padova, dove vince il centrosinistra, stanno all’1%. E la prova del nove si ha a Parma: lì il M5S non si è presentato, non esiste più neanche il loro simbolo sulla scheda. E lì il centrosinistra ha vinto. Che cosa sta diventando il Movimento? Conte mostra i suoi limiti: le campagne elettorali non sono il suo forte. Bisognerà adesso vedere come se la cava nelle aule giudiziarie, dove è atteso il pronunciamento del giudice sullo statuto 5 stelle. Ma, questioni giuridiche a parte, è evidente la fatica dell’ex premier nel tenere insieme una forza sempre più divisa tra l’ala ”governista” che guarda soprattutto a Luigi Di Maio e le correnti ‘nostalgiche’ della linea ‘duri e puri’.

Voglia di terzo polo
Se il Pd deve fare i conti con un “campo largo” che al momento rimane quasi del tutto orfano dei voti grillini, la vera novità è il successo della lista Azione-PiùEuropa. Benedetto Della Vedova e Riccardo Magi festeggiano: «A Palermo e a L’Aquila abbiamo sostenuto candidati che da soli si collocano fra il 15 e il 20%. È un segnale importante: dove il Pd sceglie l’alleanza con il M5s, noi costruiamo uno spazio europeista e liberaldemocratico con risultati positivi». Cresce la voglia di terzo polo. Ed è proprio del terzo polo la facoltà di collocarsi nelle realtà locali a sostegno di candidati e schieramenti diversi. Se Azione e PiùEuropa si federano, e magari si unisce Italia Viva, il potenziale del 12-15% è a portata di mano. Nelle quattro città dove hanno presentato un candidato loro, l’exploit è evidente. Quando è stata scrutinata ancora solo una percentuale di seggi, a Palermo Fabrizio Ferrandelli prende il 14,8%.

A L’Aquila Americo Di Benedetto potrebbe arrivare secondo, superando Stefania Pezzopane e collocandosi al 23,9%. Il leader di Azione gongola per i risultati delle amministrative: «Se ci ripetiamo alle Politiche possiamo bloccare i governi populisti», proiettando sulle politiche il buon test amministrativo. Italia Viva taglia il traguardo con una buona prova: ha affrontato la prova elettorale a Genova con il centrodestra a sostegno di Bucci, a Verona con Flavio Tosi insieme a Fi (ma senza Lega e Fdi) mentre a L’Aquila va meno bene, insieme al centrosinistra. Renzi si dice «Contento dei risultati di Italia Viva. Siamo decisivi nell’elezione al primo turno di tanti sindaci, da Bucci a Genova fino a Giordani a Padova. Dove non andiamo al ballottaggio facciamo risultati splendidi a cominciare da Cosimo Ferri a Carrara (17%)». Ma è a Letta che manda un messaggio. «Se fossi ancora un dirigente del PD, mi porrei il tema di fare un’alleanza col centro riformista (che fa buoni risultati sia coi nostri candidati che con quelli di PiùEuropa/Azione) anziché coi grillini. Staremo a vedere». Il partito di Draghi del quale il leader di IV aveva iniziato a tratteggiare il profilo nell’intervista con Meli al Corriere, dopo questo turno di amministrative si inizia a vedere un po’ meglio.

 

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.