L'aggressione nella giornata internazionale contro l'omotransfobia
“Non vogliamo ricchioni in famiglia, ora muori!”, 16enne pestato a sangue dallo zio perché gay
Lo hanno pestato “perché gay” proprio nella giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia. È successo lo scorso 17 maggio a un sedicenne della provincia di Cosenza. Aggressione brutale, ancora più grave considerando che a metterla in atto è stato uno zio della vittima, un parente – “non vogliamo ricchioni in famiglia”, avrebbe gridato secondo le accuse – che non contento avrebbe chiesto sostegno ad altri tre amici per pestare il minore.
L’episodio è stato denunciato da Silvio Cilento, presidente di Arcigay Cosenza. L’adolescente aveva deciso di legare una bandana arcobaleno – simbolo dei movimenti LGBTQI+ – al suo zaino e stava per uscire con le sue amiche. Il padre ha avvisato (e già qui non si capisce per quale motivo) lo zio che lungo il tragitto ha raggiunto il ragazzo in automobile. “‘Non vogliamo ricchioni nella nostra famiglia’ e gli sferra un primo schiaffo, che diventa poi un pugno e subito dopo un calcio, una serie di calci. Non contento lo zio chiama altri tre uomini (maschi) per aiutarlo. Risultato: 4 costole rotte, setto nasale deviato, lesioni di vario genere. Lo zio lo carica in macchina, lo porta a casa e: ‘Ora muori in casa’”.
A salvare il ragazzo dall’aggressione è stata la madre che ha messo fine al pestaggio e ha accompagnato il figlio in ospedale. Il rappresentante di Arcigay ha riferito che sono state presentate le denunce ai carabinieri e che al momento il ragazzo fisicamente sta bene. “Moralmente e psicologicamente non oso immaginare come stia, forse non lo voglio immaginare”.
Il ragazzo avrebbe infine espresso il desiderio di non voler andar via da casa. “Con mamma sto bene, è solo papà il violento. Mamma mi dice sempre: fatti forza e sii coraggioso”. Arcigay ha fatto sapere che non rilascerà ulteriori dichiarazioni in merito all’accaduto: “Non vogliamo strumentalizzare il tragico evento ma avviare azioni costruttive sul territorio. L’unica speranza è che l’accaduto faccia riflettere e faccia mobilitare più forze possibili nel prevenire tali atti. In questo caso, ad essere coinvolta è una persona minorenne che ancor di più ha il diritto di essere tutelata. Per cui Arci Cosenza chiede il massimo rispetto da parte tutti e tutte verso la scelta di tacere sulla richiesta di ulteriori comunicazioni riguardo alla vicenda”.
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