La premier Meloni ringrazia il governo che “ha lavorato compatto, ha compreso il momento e i ministri che hanno accettato tagli e lo stop a molte richieste”. In una parola: “Un governo di responsabili”. Il ministro Giorgetti sottolinea come “questo esecutivo di sovranisti e populisti abbia consegnato nella data esatta (ieri, il 16 ottobre) il Documento parlamentare di bilancio alla Commissione a Bruxelles”. Una manovra ispirata a “criteri di serietà e responsabilità”. Il vicepremier Tajani conferma lo spirito e dice che “nonostante tutto siamo riusciti a dare un piccolo aumento alle pensioni minime”. Il vicepremier Salvini issa il suo scalpo: “Oggi posso smentire tutti i soloni che hanno detto che non ci sarebbero stati i soldi per il Ponte sullo Stretto. I soldi invece ci sono”. Mentre è ancora lì che parla nella Sala polifunzionale del governo, il suo staff fa viaggiare sui social una scheda trionfante: “Confermato l’aumento di pensioni e stipendi minimi: stop al maxi acconto di novembre per milioni di partite Iva; primo taglio del canone Rai in bolletta; sì alla copertura finanziaria del progetto del Ponte sullo Stretto”.

Il sottotitolo dice: “Dalle parole ai fatti”. Peccato che non tutte le bandierine siano “vittorie” e che ci siano alcune gravi omissioni. Proprio durante la conferenza stampa, grazie alle domande dei giornalisti, Giorgetti è stato costretto ad ammettere che nel 2024 si andrà in pensione un anno più tardi, Quota 104. Altro che la conferma della Quota 103 e il miraggio della Quota 101. È un fermo immagine speciale: il ministro delle Finanze costretto ad ammettere con un filo di voce che la soglia per la pensione si alza di un anno. E Salvini accanto, muto, che compulsa freneticamente il telefonino.

Ogni anno la prima uscita pubblica della legge di bilancio approvata dal Consiglio dei ministri è sempre un rincorrersi di voci, annunci, “si dice”. Quest’anno c’è sicuramente l’aggravante di una crisi in Medioriente che ha acceso ipoteche su tutto e su tutti. Attenzione però che la crisi internazionale non diventi l’alibi per approvare in fretta e in silenzio una manovra povera, senza troppa fantasia e con poco visione. I titoli della manovra sono ormai noti: valore 24 miliardi, 82 articoli dunque snella, la richiesta “anche ai parlamentari di maggioranza di non presentare emendamenti, le opposizioni si mettano una mano sulla coscienza” e di fare il prima possibile per essere pronti ad eventuali emergenze. Dieci miliardi di euro per il taglio del cuneo fiscale “che – sottolinea fiera Meloni – raggiungerà una platea di 14 milioni di lavoratori e darà loro circa cento euro in più ogni mese in busta paga”. Altri, 4,5 miliardi servono per accorpare gli ultimi due scaloni Irpef (salta la soglia dei 28 mila euro di reddito e da 23 si passa direttamente ai 35 mila euro). Tre miliardi e rotti per la Sanità, 5 miliardi per il rinnovo dei contratti della Pubblica amministrazione. Altri soldi per detassare i fringe benefit e i premi di produttività, per le famiglie (bonus parentale aumenta) e la natalità.

Ora però già così le incongruenze sono numerose. Non nei saldi finali ma sui singoli capitoli. Cominciamo dalla Sanità, il fronte più urgente. Alla fine si capisce che i tre miliardi promessi “posto che vadano alla Sanità e non genericamente all’area Salute – spiega l’ex ministro Beatrice Lorenzin – non sono sufficienti a coprire la richiesta delle Regioni (4 miliardi, ndr) per coprire i costi dell’inflazione e dei materiali”. I dubbi sono molti. Ad esempio: i 2,5 miliardi per il rinnovo dei contratti del personale sanitario, medici ed infermieri, è compreso nei tre miliardi o nei 5 destinati alla Funzione Pubblica? Se i tre miliardi saranno tutti destinati, come è stato detto in conferenza stampa “all’abbattimento delle code per farsi curare”, come nello specifico saranno impiegati? “Quei soldi – ha spiegato Meloni – andranno tutti per la detassazione degli straordinari”. La stessa persona farà doppio turno per fare più visite? I medici non sono d’accordo. Una Tac è la vita di un paziente. Non un nastro che gira. Non si parla di assunzioni nuove. Le opposizioni, tutte, parlano di “gioco delle tre carte”.

Voglio leggere i testi perché nulla è chiaro. Il governo dice di mettere soldi per aiutare le famiglie e la natalità: aumenta di un mese il congedo ma mette in archivio il taglio dell’Iva dei prodotti igienici. Con una mano dà e con l’altra leva. Del resto i soldi quelli sono. Salvini annuncia con soddisfazione il “primo taglio del canone Rai in bolletta: invece di pagare 90 a fine anno pagherete 70”. Con il taglio del canone in bolletta gli italiani risparmieranno 440 milioni. Si è registrata l’irritata reazione della Rai, che ha poi “costretto” Palazzo Chigi a fare un comunicato per rimarcare che il servizio pubblico è un bene primario. Mistero anche sulle pensioni. Giorgetti risponde frettoloso. Opzione Donna e Ape social non ci sono più e “saranno assorbiti in un unico fondo nazionale per la flessibilità in uscita che consente di andare in pensione a 63 anni con 36 anni di contributi per caregiver, disabili, usuranti e con 35 anni per le donne”. Quota 104 è presto detto: nel 2024 si andrà in pensione un anno più vecchi. “Però – ha aggiunto Giorgetti – ci sarà un meccanismo di incentivi per rimanere al lavoro”.

Capitolo coperture. Dove e quali soldi oltre l’extradeficit di 15,7 miliardi? “Cinque-sei miliardi dai tagli ai ministeri”, assicura il ministro. Altri arriveranno dalle privatizzazioni, ad esempio Ita e Mps e altre. Il punto è che i quasi quindici miliardi in deficit sono stati impiegati per misure contingenti e non strutturali, che vivono un anno, come il taglio del cuneo e l’accorpamento delle aliquote. Il prossimo anno, per mantenerle, serviranno in partenza 15 miliardi solo per queste voci. Ah, di soldi per il Ponte sullo Stretto, per l’anno 2024, non c’è traccia. Se ne parla dal 2025 in avanti.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.