La richiesta del Procuratore generale della Cassazione – quella di rimuovere il 41 bis nei confronti di Alfredo Cospito – determina una svolta nella battaglia contro il carcere duro che l’anarchico ha iniziato ormai quasi quattro mesi fa con lo sciopero della fame. Il Sostituto Procuratore generale, Gaeta, è entrato nel merito della questione, senza paraocchi politici o di ideologie, e ha stabilito che mancano le condizioni per imporre il 41 bis. Il 24 febbraio, tra 11 giorni, la Cassazione deciderà se accettare o no la richiesta della Procura. Sicuramente però molte cose sono cambiate. In primo luogo possiamo prendere atto del fatto che la Procura generale, seppure involontariamente, ha assestato uno schiaffo alla politica, e in particolare al governo.

Stabilendo una verità che, francamente, appariva abbastanza evidente a chiunque in buona fede avesse voluto affrontare il caso. Rimuovere il 41 bis, nel caso di Cospito, è una decisione che non comporta nessun rischio per la sicurezza del paese. Siccome l’unica ragione di esistenza del 41 bis è la sicurezza del paese, se si decidesse di mantenere l’anarchico al carcere duro si deciderebbe semplicemente di procedere alla sua persecuzione per ragioni simboliche o di consenso politico. Poi c’è una seconda novità. Alfredo Cospito, con la sua battaglia non violenta (il digiuno) molto diversa e molto più efficace della battaglia violenta che condusse in passato (con le revolverate alle gambe e l’innesco di bombe, per fortuna non letali) ha ottenuto un primo importantissimo successo. Anzi, due.

Il primo successo è stato quello di porre all’attenzione del paese un problema che mai era stato posto con tanto clamore: l’esistenza di un regime di carcere duro in palese e clamoroso contrasto con la Costituzione, e dunque con la legalità. Il secondo successo è stato quello di avere incrinato in modo significativo l’asse della fermezza, ottenendo una solenne pronuncia della Procura generale della Cassazione. A questo punto noi del Riformista, che abbiamo sostenuto con tutte le nostre forze la battaglia di Cospito, e che continueremo a batterci, ora da posizioni più forti e credibili, contro il 41 bis e per il ripristino della legalità Costituzionale, sentiamo di poter chiedere a Cospito di sospendere lo sciopero della fame.

Le sue condizioni di salute sono gravissime, e se non interrompe il digiuno rischia di perdere la vita. Di perderla prima del fatidico 24 febbraio nel quale la Cassazione si pronuncerà. Ieri ha deciso di prendere gli integratori, un primo passo positivo. Ma deve fare di più. Una vita umana conta molto, moltissimo. Anche se il governo ha mostrato di non credere a questo elementare principio. La vita di Alfredo Cospito, come tutte le vite, ha un immenso valore. Lui ha deciso di usare questo valore per la sua battaglia politica. È stata una scelta coraggiosa. Ora però sarebbe pura follia non sospendere lo sciopero in attesa della sentenza della Cassazione.

Dopodiché, è evidente, la battaglia contro il giustizialismo e la barbarie del carcere duro deve riprendere. Ma in condizioni nuove e più favorevoli. Una volta che sarà stabilito il principio che il 41 bis è una norma di emergenza e motivata non da ragioni di punizione ma solo di sicurezza dello Stato, sarà molto più facile spiegare che una legge di emergenza non può durare 30 anni, e che la mafia di oggi non è la mafia degli anni 90.

 

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.