Sette giorni in zona rossa per numeri sbagliati inviati dalla Regione Lombardia all’Istituto Superiore di Sanità. I dieci milioni di abitanti lombardi sono stati costretti al ‘lockdown’ per un errore clamoroso: un numero di casi positivi indicati all’ISS, dati dai quali poi viene calcolato l’Rt, sovrastimato. 

È questa infatti la ricostruzione del caso che ha portato ad un clamoroso scontro il governatore Attilio Fontana da una parte e il ministero della Salute guidato da Roberto Speranza dall’altra.

Come evidenza il Corriere della Sera, tra i casi segnali come positivo dalla Regione Lombardia c’erano centinaia di guariti, in particolari quelli che con le disposizioni del Ministero entrate in vigore lo scorso 12 ottobre potevano essere ‘depennati’ dalla lista dei positivi. Si trattava di coloro che potevano interrompere l’isolamento tra i 10 e i 21 giorni dalla comparsa dei sintomi senza più il doppio tampone negativo.

Il problema sarebbe nato da un campo non compilato, dove questi guariti compaiono in realtà come persone con “inizio sintomi”, ma senza la descrizione dello stato clinico. Non compilando il campo, una volta guariti non vengono eliminati ed entrano nel conteggio senza uscirne più. Dalla Regione si giustificano spiegando che “nessuno mai prima ci ha detto che altrimenti i guariti non sarebbero stati conteggiati” e che quel campo “non è obbligatorio, è sbagliato forzarlo”.

Responsabilità che l’Istituto Superiore di Sanità ha invece chiarito già ieri: “della situazione assurda, la relazione dell’Istituto superiore di sanità di ieri, è netta: «Il 20 gennaio 2021, la Regione Lombardia ha inviato come di consueto l’aggiornamento del suo database – si legge nel documento -. Si constata una rettifica dei dati relativi anche alla settimana 4-10 gennaio 2020 (decisiva per la zona rossa, ndr ), che riguarda il numero di casi in cui viene riportata una “data di inizio sintomi” (…) per cui viene data una indicazione di stato clinico laddove prima era assente”.

Sempre il Corriere pubblica un verbale ‘segreto’ datato 22 gennaio e trasmesso dalla cabina di regia al Comitato tecnico scientifico per dare il via libera al passaggio a partire da domenica 24 gennaio della Lombardia in zona arancione. Il verbale chiarisce che senza la correzione la Lombardia sarebbe rimasta in zona rossa fino al 31 gennaio e fa un chiaro riferimento alla “rettifica” effettuata dai tecnici della Regione guidata da Attilio Fontana.

In base alla modifica dei dati ne risulta un chiaro impatto nel calcolo dell’indice Rt al 30 dicembre 2020 che risulta così pari a 0.88.

LA REPLICA DELLA REGIONE – Il presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana, e la vicepresidente e assessore al Welfare, Letizia Moratti, però, non ci stanno ad essere incolpati per una situazione che, come tengono a precisare, si è chiarita solo grazie all’intervento del Pirellone.

“Se da domenica la Lombardia tornerà arancione – scandisce Fontana in una conferenza stampa, convocata proprio per far luce sulla vicenda – lo deve esclusivamente al fatto che noi abbiamo evidenziato sottolineato e contestato i conteggi del governo”. E ancora: “Noi non abbiamo mai sbagliato a dare i nostri dati, non abbiamo mai rettificato i nostri dati”. “Se c’è un errore – aggiunge – non è un errore nostro, non è un errore dei nostri dati”.

Moratti rincara la dose: “Avevamo chiesto un confronto leale, tecnico e approfondito, di sole 48 ore, per capire se fosse giusto stare o non stare in zona rossa – denuncia – ma non ci è stato concesso”. E una volta individuata l’incongruenza, il ministro della Salute, Roberto Speranza “pretendeva che dicessimo che c’era stato un errore nostro – ha detto Moratti – , ma non era così. I dati che abbiamo mandato a Roma erano dati corretti. Non lo abbiamo accettato per la dignità della Regione, per le nostre famiglie e le imprese”, anche perché questa ‘svista’ ha causato “un danno enorme per la nostra regione”.Andrà avanti anche il ricorso al Tar del Pirellone perché, sottolinea Fontana, “pretendiamo che la verità dei fatti venga acclarata in sede giudiziaria. Verrà allargato il ricorso – chiarisce – . Sarà impugnato il verbale della cabina di regia, il verbale del Cts, l’ordinanza nella quale si afferma che c’è stata una rettifica dei dati della Regione. È una cosa non vera”.

Immediata la replica di Giovanni Rezza, direttore generale della Prevenzione presso il ministero della Salute. “La cabina di regia – dice – composta dal ministero della Salute, Iss, i rappresentanti di alcune Regioni si è riunita per il monitoraggio dell’andamento epidemiologico, dal quale è emerso che erano presenti alcune incongruenze nei dati della Regione Lombardia che la Regione stessa ha corretto reinviando i file il 20 gennaio. Ciò ha permesso di ricalcolare l’Rt e collocare la Regione in zona arancione”. Parole precise, ma che di certo non argineranno la polemica destinata a infiammare – anche nei prossimi giorni – il clima già tesissimo tra Regione Lombardia e governo.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia