La Svezia discute se e quando chiedere l’adesione alla Nato, la Finlandia ha già annunciato che lo farà entro giugno. E Mosca per tutta risposta ammassa mezzi militari vicino al confine finlandese, li sta portando nella città di frontiera di Vyyborg. Il ministro degli esteri di Putin, Lavrov, aveva avvisato: “Questa decisione non aumenterà la stabilità in Europa”. La Finlandia, nell’Unione europea dal 1995, ha 1300 chilometri di confine di terra con la Russia. Durante la Guerra Fredda, da Paese neutrale, teneva rapporti di timorosa cortesia con l’Unione sovietica, troppo ingombrante e vicina. L’invasione russa dell’Ucraina ha cambiato tutto. Il presidente finlandese Sauli Niinisto dice che oltre il 60% dei cittadini chiede l’ingresso nella Nato. E il presidente svedese va ripetendo pari pari la frase pronunciata dal cancelliere tedesco Olaf Scholz: “Esiste un prima e un dopo il 24 febbraio”.

Scholz ha scolpito il concetto in undici caratteri: “Zeitenwende”, svolta epocale. La parola serve a molte cose. Aiuta a far passare come assodato l’ingresso dell’Europa in una clima di guerra permanente. Aiuta a sdoganare il riarmo massiccio di tutti. Aiuta a far uscire a spintoni la Germania, e la sua cultura popolare postbellica in maggioranza pacifista, dalla condizione particolarissima che l’ha contraddistinta dal 1949 ad oggi. Complessi di colpa compresi. Un colpaccio. Tre giorni (3!) dopo l‘invasione, il cancelliere ha annunciato davanti al Bundestag la fine del pacifismo tedesco postbellico e la decisione di riarmare a puntino la Germania. Una svolta molto costosa: 102 miliardi di fondo speciale il primo anno, di cui 68 per progetti nazionali e 34 per iniziative multinazionali. Sarà il terzo budget più grande del mondo da spendere in armi, dietro a Stati Uniti e Cina, davanti a Russia, Inghilterra e Francia. Voce di spesa che Scholz propone di scrivere nella Costituzione. Il 2% del Pil sarà considerato un contributo minimo alle spese per la Difesa nel prossimo futuro.

Per un Paese uscito sconfitto dalla seconda guerra mondiale e soprattutto per un Paese su cui è gravato il peso storico e culturale del nazismo è una decisione clamorosa. E l’architettura del piano sembra tracciata fin nei dettagli. Davvero il cancelliere ha fatto tutto in meno di tre giorni? E per di più ha deciso tutto da solo, lui, capo del governo del Paese in cui gli Stati uniti mantengono il più grande numero di soldati in Europa e le tre loro principali basi? Cioè: il cuore della Nato si sposta improvvisamente ad est, in Germania già si discute di una competenza tedesca specifica in area Nato sui paesi più esposti, dai baltici al Mar nero, e gli Stati uniti – che nell’Alleanza da loro guidata hanno sempre deciso tutto da soli, anche quanti temperamatite comprare – non lo sapevano? Ad annuncio fatto la ministra della Difesa tedesca, Christine Lambrecht, è volata a Washington. Alla Bild che polemizzava “Sa fare la guerra?” ha risposto: “Sto riarmando l’esercito tedesco, giudicatemi a lavoro finito”. Le sue forze armate sono in fibrillazione.

Il loro capo, il generale Alfons Mais, cinque minuti dopo la notizia dell’attacco russo ha detto: “Nel quarantunesimo anno del mio servizio in pace, non avrei mai pensato di sperimentare una nuova guerra. E la Bundeswehr, l’esercito che mi è concesso comandare, è più o meno a pezzi”. Si lamenta il generale: “Tutti abbiamo potuto vedere quel che poteva star per succedere e subito dopo l’annessione della Crimea non abbiamo tratto le conclusioni dovute. Questo non va bene”. L’annuncio di Berlino di volersi riarmare è stato fatto 24 ore dopo lo strappo alla sua politica, finora ristrettissima nel rispetto della legge, di invio di armi in zona di guerra. (Pure la nostra legge vieterebbe la cessione di armi a Paesi belligeranti, ma vabbè, il Parlamento ha deciso: “soprassediamo”). La frase di Scholz: “È nostro dovere aiutare l’Ucraina a difendersi dall’esercito invasore di Vladimir Putin” ha accompagnato il 26 febbraio la cessione di missili anticarro e missili antiaereo a Kiev. E anche lì nessuno ha protestato.

Berlino però un problema ce l’ha. Vedere una Germania piano piano riarmarsi fino ai denti piacerà davvero a tutti? Gli Stati uniti hanno srotolato tappeti alla ministra della Difesa tedesca a Washington, ma cosa diavolo intenda fare la Germania con 100mila milioni di euro in armi se lo chiederanno. Anche Parigi non dev’essere entusiasta della notizia. Addio primato continentale in materia di armamenti (nucleare a parte). Da notare il silenzio con cui la notizia del riarmo è stata accolta dai tedeschi. Che sono in maggioranza allergici all’idea di una guerra, ma con una differenza fra est e ovest. Nella ex Ddr esiste una cultura pop neonazionalista, con venature militaristiche. A ovest c’è la Germania più moderna, la Germania cosmopolita. Lì non dovrebbe esserci traccia della legittimazione popolare dello strumento militare. Eppure tutto tace. Con questo clima europeo di guerra duratura, al governo di Scholz potrebbe bastare lasciar intendere la necessità teorica di prepararsi a uno scontro con la Russia. Che i tedeschi non vogliono, ma che non possono escludere.