L'ex senatore coinvolto in una inchiesta sui rifiuti
Pittelli arrestato per concorso esterno, l’avvocato ‘sequestrato’ da 2 anni torna in carcere nonostante le condizioni di salute
La scure della giustizia si abbatte ancora una volta su Giancarlo Pittelli. L’avvocato ed ex senatore di Forza Italia, già agli arresti domiciliari perché imputato nel processo Rinascita-Scott, dopo aver trascorso 10 mesi nel carcere speciale di Nuoro in Sardegna e dall’ottobre 2020 ai domiciliari nonostante condizioni di salute sempre più gravi, è nell’elenco dei destinatari delle ordinanze cautelari nell’ambito dell’inchiesta dalla DDA di Reggio Calabria ‘Mala pigna‘.
Pittelli è stato condotto nuovamente in carcere: con lui sono stati arrestati altri 28 indagati, tutti destinatari di ordinanza firmata dal gip Vincenza Bellini su richiesta del procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri, dell’aggiunto Gaetano Paci e dei sostituti della Dda Gianluca Gelso, Paola D’Ambrosio e Giorgio Panucci.
Per l’ex senatore berlusconiano, già arrestato e condotto in carcere per l’inchiesta di Gratteri ‘Rinascita-Scott’ il 19 dicembre 2019, l’accusa è di concorso esterno in associazione mafiosa per traffico illecito di rifiuti. L’indagine verte su un presunto traffico di rifiuti gestito dalla cosca Piromalli di Gioia Tauro.
Secondo la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria Pittelli, legale di fiducia della famiglia Piromalli, era “uomo politico, professionista, faccendiere di riferimento avendo instaurato con la ‘ndrangheta uno stabile rapporto ‘sinallagmatico’”.
Un rapporto, scrivono i pm, “caratterizzato dalla perdurante e reciproca disponibilità”. Pittelli avrebbe garantito “la sua generale disponibilità nei confronti del sodalizio a risolvere i più svariati problemi degli associati, sfruttando le enormi potenzialità derivanti dai rapporti del medesimo con importanti esponenti delle istituzioni e della pubblica amministrazione”.
L’ex senatore aveva secondo i magistrati della DDA “illimitate possibilità di accesso a notizie riservate e a trattamenti di favore”. Per questo “veicolava informazioni all’interno e all’esterno del carcere tra i capi della cosca Piromalli detenuti in regime carcerario ai sensi dell’articolo 41 bis”. In particolare ad usufruire dei ‘servizi’ di Pittelli sarebbero stati Giuseppe Piromalli detto “Facciazza” e il figlio Antonio Piromalli, reggente della cosca.
Giuseppe Piromalli è attualmente indagato quale mandante, in concorso con altri capi di cosche di ‘ndrangheta’ e di ‘cosa nostra’ siciliana, dell’omicidio del procuratore generale della Corte di Cassazione Antonino Scopelliti.
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