Era l’alba del 12 novembre del 2003, quando scatta l‘operazione “Marine” e le truppe circondano un piccolo paese della Calabria: Platì! Sono un vero esercito. Si parla di mille uomini che protetti dalle tenebre si sono posizionati alle falde dell’Aspromonte. All’alba, l’assalto. Abitazioni forzate, pianto di bimbi, urla di donne. Sembra di essere in Palestina o nell’Afghanistan controllato dai talebani, ma l’operazione si svolge in Calabria, nel cuore della notte. Quando il sole sorge, i notiziari nazionali riportano come prima notizia i risultati della operazione di polizia: circa 130 gli arrestati. Più di duecento le persone denunciate. Un numero enorme per un paese così piccolo, come se a Roma, in una sola notte, ci fossero centomila arresti! Si sarebbe gridato al colpo di Stato, ma qui siamo in Calabria ed è tutta un’altra storia. Poi i mezzi militari carichi di prigionieri scendono verso valle e man mano che si allontanano da paese, il cuore della gente di Piatì diventa sempre più piccolo.

Operazione Marine, scheda del processo

L’accusa: associazione mafiosa, favoreggiamento, voto di scambio, abuso d’ufficio, falso, estorsione, traffico di stupefacenti, corruzione, turbativa d’asta
Gli imputati: oltre 200 persone tra presunti membri di una cosca ‘ndranghetista di Platì, sindaci ed ex sindaci locali, segretari e funzionari comunali, forze dell’ordine e imprenditori
Le date: 2003 – inizio delle indagini della Procura di Reggio Calabria; 150 persone vengono arrestate nella notte del 14 novembre 2003. In sede di convalida, il Tribunale del Riesame rimetterà in libertà la maggior parte degli indagati
Com’è finita: In sede di rito abbreviato, il Giudice per l’Udienza Preliminare condanna 8 persone su 44 imputati. Nel 2012 il Tribunale di Reggio Calabria, chiamato a pronunciarsi in rito ordinario per i residui imputati, condanna 10 persone e assolve gli altri soggetti coinvolti; viene proposto appello e nel 2015 la Corte di Appello di Reggio Calabria derubrica l’associazione mafiosa in associazione semplice ed assolve gli imputati

La storia del processo-flop

I fatti: […] Su quei camion v’è il sindaco del Paese che è anche l’unico medico, gli assessori e tanti cittadini comuni che con la ndrangheta non hanno mai avuto rapporti di complicità. Presumibilmente vi saranno stati anche uomini della ndrangheta ma non ci sono le prove, visto che il momento scenico ha avuto la meglio sulle indagini serie, che non ci sono mai state. E quando spunta il nuovo giorno, i cittadini di Platì non possono far altro che suonare le campane e rifugiarsi in Chiesa. Si rivolgono alla Giustizia di Dio, avendo constatato la fallacia di quella umana. Quei corpi in catene che si avviano verso il carcere rappresentano la mortificazione estrema della persona umana. Sono l’altra faccia dei morti ammazzati sulle nostre strade per mano mafiosa.

Zona latitanti, la città sotterranea fake 

Quanti sono gli innocenti? Secondo i giudici quasi tutti. Infatti le persone che usciranno dal processo senza alcuna condanna corrispondono a circa il 97% degli inquisiti. Ma per giorni, l’operazione Marine tiene le prime pagine dei giornali, ne parlano perfino il NY Times e la Bbc. Nel frattempo, l’operazione fornirà altri mattoni per costruire l’immagine della “Calabria criminale” su cui scrivere libri seriali, produrre fiction e film che rasentano il razzismo e la diffamazione sistematica verso i calabresi. Già nelle prime ore dell’operazione, l’opinione pubblica verrà messa a conoscenza della protervia dei pubblici amministratori di Platì, così spavaldi da realizzare una città sotterranea chiamandola “zona latitanti”.

La gita da Padre Pio

Una colossale e cinica bugia. Infatti, una correzione automatica del computer trasforma la parola “latistanti” (distanza da due lati del torrente) in latitanti. Però la “città sotterranea” entra nella leggenda.
Per anni all’opinione pubblica viene raccontata un’altra storia. Si continuerà a parlare di una “brillante operazione” e nessun rappresentante delle istituzioni troverà il coraggio di dire che s’è scritta una pessima pagina di ingiustizia sommaria che dissanguerà le casse dello Stato e rafforzerà enormemente la ndrangheta, saldando in un fronte unico ‘ndranghetisti e cittadini perbene. Si eviterà di dire che in quella operazione è stato arrestata anche una persona talmente “ingenua” che, per farla salire sul furgone dei carabinieri, i suoi compaesani gli hanno raccontato la pietosa bugia che lo avrebbero portato in gita da Padre Pio.

Ho riproposto questa storia solo perché alle varie operazioni “Marine” abbiamo il dovere di contrapporre “l’operazione verità”. Verità sulla Calabria! Dobbiamo raccontare a noi stessi e all’Italia una verità cinicamente oscurata, ferita, stravolta dall’informazione di regime e dal potere debordante di alcuni procuratori.
Lo dobbiamo innanzitutto a noi stessi e ai tanti innocenti che hanno avuto la vita stritolata nella morsa della falsa antimafia.

Ilario Ammendolia

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