“Vispateresa”, “Cheerleader di Formigoni”, “Guardagingilli”. Ci vorrebbe una legge Zan per difendere i diritti della ministra Marta Cartabia e punire le parole discriminatorie e violente che emanano ogni giorno dalle pagine del Fatto Quotidiano. Non c’è bisogno di essere femministe più o meno “storiche” (ma aspettiamo qualche parola al riguardo) per sapere che il linguaggio scelto per la polemica politica ha un peso diverso per le donne e per gli uomini. E, per stare nel tema della proposta di legge Zan, anche nei confronti di altro tipo di soggettività. E non è indispensabile essere psicologi, o aver frequentato qualche seduta di analisi, per gettare un po’ di luce sul tipo di maschio che nella violenza contro le donne sembra quasi un concorrente, più che un semplice misogino.

Razzista nei riferimenti alla Vispa Teresa e alla Cheerleader. La prima definizione serve a dire che la ministra Cartabia è senza testa. Una stupidina, un po’ oca giuliva, alle prese con cose più grandi di lei, come per esempio una riforma della giustizia. Il che, per un ammiratore di intellettuali come Bonafede e Toninelli è confortante, perché anche una ragazzina a caccia di farfalle darà sempre risultati migliori. Il riferimento alle Cheerleader puzza ancor più di razzismo, anche se avrebbe la pretesa di essere un attacco politico. Finalizzato a dimostrare come l’amicizia di Marta Cartabia nei confronti di Roberto Formigoni, la renda quasi infetta, colpita dal virus di quei reati contro la Pubblica Amministrazione che la sub-cultura dei Travaglio e Barbacetto considera di pari (o forse superiore) gravità rispetto alla strage, l’omicidio, la rapina a mano armata, lo stupro. E sul piano sociale più pericolosi della mafia e del terrorismo.

Cartabia, secondo Il Fatto, sarebbe colpevole non tanto di esser stata una giovane militante di Comunione e liberazione, quanto di aver sfiorato il “virus Formigoni”. Che credibilità potrebbero quindi avere le sue riforme?
Ma sotto l’attacco politico, un po’ banalotto in verità, si nasconde ancora il razzismo, la misoginia violenta, cioè la voglia di ridurre la donna a corpo, a pezzo di carne. Tu non sei degna di essere ministra perché sei una Vispa Teresa superficiale e stupidina, ma sei anche una ragazza-pompon, una che va sculettando davanti al potere, davanti all’eroe politico (invece che sportivo) maschio, quello che gioca la partita mentre voi ragazze gli preparate la scena.
Che dire poi della parte più volgare? La Guardasigilli trasformata in “guardagingilli”? Questa è veramente imbarazzante per chi l’ha scritta.

Non esiste innocenza del linguaggio. Quando il commissario Montalbano dice “mi hai rotto i cabbasisi”, è evidente a chiunque che non sta parlando dei cabbasisi, “piccoli tuberi commestibili dal sapore dolciastro”. L’ allusione è lampante, pur se non volgare, perché la lingua di Camilleri è misteriosa e bellissima. C’è da vergognarsi invece, scendendo al livello di Travaglio, a dover spiegare quali sono i “gingilli” che la ministra dovrebbe custodire. Il Guardasigilli è quel ministro che mette il sigillo dello Stato sulle leggi. Il “guardagingilli” che cosa dovrebbe maneggiare e custodire? Ninnoli, ciondoli, oggettini di poco peso e poca importanza? O altro? Povero Travaglio, come sei ridotto. Piccolo in tutto, anche nei gingilli.

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Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.