Altro che premierato e referendum. Da oggi la Costituzione materiale è aggiornata dall’editto di Torino, che ha un nuovo articolo fondante: in nome della libertà di dissenso, di opinione e di religione, vanno ritenuti idonei sermoni di preghiera, a cura di imam convocati da studenti in agitazione in luogo pubblico e senza autorizzazione. Non solo. L’editto di Torino, in nome degli stessi princìpi, vieta categoricamente non solo che sacerdoti, rabbini o esponenti di altre confessioni facciano altrettanto, ma soprattutto ritiene legittimo che la preghiera assuma rapidamente toni di invettiva jihadista contro la nazione ebraica.

“Decideranno gli studenti”

Non solo. È assolutamente vietato dall’editto sostenere le tesi opposte, anche se in eventi abbondantemente annunciati e autorizzati: infatti, chi prova a sussurrare che Israele può avere qualche ragione, o addirittura cita la data “7 ottobre”, è zittito a suon di fischi e imprecazioni. Non solo. Il rettore si scusa dicendo “l’imam non ci ha chiesto il permesso per entrare nell’università, quindi può dire ciò che vuole”. Infatti, l’editto di Torino recita anche che nell’università, luogo dove le menti giovani si aprono al mondo, mentre i rettori non possono interferire sulle apologie di sterminio di etnie altrui, e non se la sentono neppure di dire che boicottare le università israeliane non è propriamente una scelta di pace, l’imam può annunciare festoso: “Intendo ripetere il sermone al Politecnico. Ma decideranno gli studenti”. E quando il questore di Torino glielo vieta, lui impugna il vessillo del libero pensiero: “Non firmo. Il problema dell’Italia è l’islamofobia”. Di pregare nelle moschee, e tenere comizi nelle sale a ciò deputate, non se ne parla.

Insomma, prendiamo atto che nella nuova era è sancita la libertà di talk show ma solo con preventiva professione di fede nella Nakba, nel carattere criminale del sionismo e nel genocidio in atto. Ogni discussione più ampia, con opinioni a confronto, è severamente inibita per non turbare il pluralismo. La democrazia occidentale del 2024, va detto, presenta affascinanti avventure concettuali. Del resto, se la decisione di riconoscere la Palestina – legittima e persino sacrosanta – viene compiuta da tre paesi UE proprio nel momento in cui essa è governata dai terroristi, cosa c’è da stupirsi se poi si censurano le opinioni nel nome della libertà? Oppure si lascia all’imam e al suo seguito di 300 studenti occupanti il diritto di decidere cosa fare dell’università italiana? Cosa vogliamo che contino gli altri studenti, i docenti o addirittura i rettori, di fronte al diritto di parola violenta di un imam e dei suoi cari?

I limiti del diritto di parola

Sì, è un’epoca frizzante di novità e illuminazioni intellettuali. Un riepilogo? Il sapere critico è troppo complesso e quindi va superato. Come faro della civiltà vanno bene i profeti di segregazioni di donne e omosessuali. Se uno entra senza permesso, poi può dire e fare ciò che vuole, mentre deve far sapere tutto in anticipo solo chi chiede e ottiene una regolare autorizzazione. Il diritto di parola si estende fino al diritto di negarla agli altri. Infine, quando si prega, non si invoca più la pace universale, ma la guerra santa e sterminatoria contro qualcun altro. In conclusione, fra l’università e uno stadio ormai non vi sono vere differenze, salvo che in uno stadio sono riservati dei posti anche ai tifosi della squadra ospite.

Sergio Talamo

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