Giusto processo?
Processo penale e poteri divini, quando l’ultima parola è del Papa “per conto di Dio”
In Vaticano le regole del processo possono essere in ogni momento riscritte “ad hoc” dal Pontefice. Proprio come è accaduto nel “processo del secolo”

L’overdose di notizie su riti e regole che presiedono all’elezione del Papa ha fatto del lettore italiano un esperto vaticanista? PQM ha deciso di guardare a quello Stato nella prospettiva che più gli si addice: la giustizia penale della Santa Sede. Tema trascurato dai media, anche quando ci hanno raccontato del processo al cardinale Becciu e coimputati. Le cronache poco o niente si sono soffermate sulle norme di procedura applicate in quel giudizio e, fatto che ci interessa molto di più, applicabili a qualunque processo penale vaticano, qualsiasi sia la nazionalità o lo status – laico o ecclesiale – dell’imputato.
L’ultima parola ‘divina’ è del Papa
Siamo certi che i pregevoli contributi, che formano il numero di questa settimana, lasceranno a bocca aperta i nostri happy few. Lo sbalordimento crescerà, soprattutto, nell’apprendere che cosa siano i rescripta, frutto di una plenitudo potestatis del Pontefice fondata nientemeno che sul diritto divino. Senza anticipare troppo, diciamo che tramite essi può modificarsi unilateralmente (diamine: dal Papa!) e in corsa – con valenza immediata – qualsiasi norma processuale, in relazione a quel singolo procedimento. Insindacabilmente, come è ovvio, in virtù della provenienza divina: altro che leggi ad personam di berlusconiana memoria…
Lo sbalordimento non sarebbe accompagnato da una profonda inquietudine se quei rescritti vincolassero soltanto chi indossa l’abito talare o il galero cardinalizio: con un gioco di parole, all’imputato ecclesiastico che vedesse sfumare le sue garanzie per volontà di Dio, potrebbe dirsi: imputet tibi. Ma come la mettiamo con chi finisca nell’ingranaggio della giustizia vaticana, senza averne la cittadinanza, e magari professi una diversa fede religiosa? O si dichiari agnostico, quando non addirittura ateo? Un’inquietudine che cresce all’ennesima potenza quando si apprende che a sollecitare l’adozione dei rescripta può essere il promotore di giustizia, ossia quello che dalle nostre parti – varcata Porta Pia – viene chiamato pubblico ministero…
Per chi, appena una settimana fa, ha rilanciato l’eresia del Manifesto del diritto penale liberale e del giusto processo, il quadro che emerge dalle pagine di questo numero lascia allibiti. E riporta alla mente il Voltaire del Dizionario filosofico, laddove narra dell’esportazione dell’Inquisizione in Portogallo: «Nel 1539 comparve a Lisbona un legato del Papa che era venuto, diceva, per stabilire la santa inquisizione su fondamenta incrollabili. Egli porta a re Giovanni III lettere di Papa Paolo III. Le sue patenti di legato erano debitamente sigillate e firmate: egli mostrò i poteri più ampi di creare un grande inquisitore e tutti i giudici del Santo Uffizio. Si trattava di un truffatore che sapeva contraffare tutte le scritture, fabbricare e applicare falsi sigilli. Egli aveva appreso questo mestiere a Roma, e si era perfezionato a Siviglia, di dove arrivava con altri due bricconi. Il re di Portogallo sulle prime fu stupito che il Papa gli inviasse un legato a latere senza averlo prevenuto. Il legato rispose fieramente che in una cosa di tal premura, come lo stabilimento dell’Inquisizione, Sua Santità non poteva più tollerare indugi, e che il re doveva essere abbastanza onorato che il primo corriere che gliene portava notizia fosse un legato del Santo Padre. Il re non osò replicare. Il legato, da quel giorno stesso, stabilì un grande inquisitore, mandò dappertutto a raccogliere decime, e prima che la corte potesse avere risposte da Roma aveva già fatto bruciare 200 persone e raccolto più di 200.000 scudi. […] La truffa fu presto scoperta a Lisbona; il consiglio di Madrid condannò il legato alla frusta e a dieci anni di galere; ma quel che fu ammirevole fu che Papa Paolo IV confermò in seguito tutto quello che aveva stabilito quel truffatore: egli rettificò con la pienezza del suo potere divino tutte le piccole irregolarità di procedura, e rese sacro quello che era stato puramente umano».
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