Forse neppure nelle più rosee previsioni Alfredo Cospito avrebbe pensato di poter arrivare a tanto: sta rischiando la vita ma è diventato un simbolo dell’internazionale anarchica, un martire agli occhi di chi difende lo stato di diritto, un “leader” che ha costretto il governo ad un consiglio dei ministri straordinario e ad una conferenza stampa successiva di ben tre ministri, Giustizia, Esteri e Interni.

Non solo: come da ricostruzioni fornite ieri in aula dall’onorevole Donzelli (Fdi), Cospito è diventato anche “il tramite tra anarchici, terroristi e mafiosi per indebolire e abolire il 41 bis, il carcere duro per terroristi e mafiosi”. E, udite udite, “i parlamentari del Pd Orlando, Serracchiani, Lai e Verini che lo hanno incontrato in carcere, lo hanno incoraggiato in questa nuova battaglia contro il 41 bis”. Improvvisamente l’agenda politica italiana ruota intorno al caso Cospito, alla mafia, al 41 bis e “alla sinistra che tutto sommato strizza l’occhio ai terroristi”. Non ci sono più inflazione, caro bollette, caro benzina, immigrazione, non ci sono più soprattutto liti nella maggioranza.

E persino la bandiera tutta leghista, ma non di Fratelli d’Italia e meno che mai di Forza Italia, della legge sulle Autonomie che ieri è stata finalmente issata in preconsiglio dei ministri, sparisce di fronte alla canea sollevata da Donzelli e dalla miope gestione del detenuto Cospito. Perché se il leader anarchico in sciopero della fame da ottobre contro il 41 bis cui dice di essere stato ingiustamente ristretto (a maggio 2022 e senza aver ancora una condanna definitiva che presupponga l’ergastolo ostativo e il carcere duro) fosse stato trasferito un mese fa in un carcere con struttura sanitaria e i giudici fossero arrivati a sentenza in tempi congrui, la sua vita non sarebbe mai stata in pericolo, non più di altre almeno, e lo Stato avrebbe potuto esercitare senza timori la necessaria punizione.

Tutte le variabili sul detenuto Cospito
Cui prodest una dinamica del genere chiaramente fuori controllo e strumentale? Se è voluta, c’è da capire – appunto – a vantaggio di chi. Se è casuale, ovverosia frutto di incapacità di gestire problemi complessi, c’è da mettersi le mani nei capelli. In poche parole, lo Stato si è messo da solo con le spalle al muro – non può abdicare ai diritti di un detenuto e neppure al 41 bis – o ci si è ritrovato rinunciando a governare e prevenire? A domanda diretta i tre ministri riuniti in conferenza stampa ieri mattina, Nordio, Tajani e Piantedosi, hanno respinto addebiti, illazioni e ricostruzioni dietro lo scudo evergreen: “Lo Stato non cede alle minacce e non tratta con i criminali”.

Il governo non è a conoscenza di “un asse operativo tra terroristi e mafiosi contro il 41 bis” (la domanda è stata posta dal collega di Libero in conferenza stampa mentre Donzelli faceva le sue illazioni in aula alla Camera) e comunque “monitora ogni possibile sviluppo”. Piantedosi ha rifiutato un fatto innegabile e cioè che la galassia anarchica, per fortuna sparita dai radar negli ultimi anni, sia rinata in questi mesi grazie al caso Cospito. “Noi non abbiamo mai abbassato la guardia” ma nessuno ha sostenuto il contrario. La striscia di attentati – decine e decine, tutti di matrice anarchica in varie capitali europee – inizia però e per l’appunto a novembre. Tutti e tre, a cominciare dal vicepremier Tajani, hanno ribadito “lo Stato ha dato prova, trasferendo Cospito in un carcere con struttura sanitaria adeguata, di saper distinguere il diritto alla salute dalla certezza della pena”.

Per il resto, sarà la magistratura “autonoma ed indipendente” come ha ripetuto più volte il ministro Guardasigilli, ad avere l’ultima parola sul destino del terrorista anarchico condannato a trent’anni (10 per la gambizzazione nel 2012 del dirigente Ansaldo e venti per due ordigni posizionati all’interno della caserma dei carabinieri di Fossano per fortuna mai esplosi). Cospito ha un quadro giudiziario complesso: è condannato per strage; la corte d’appello di Torino ha chiesto l’aggravante del reato contro lo Stato; la Cassazione non è d’accordo e i giudici d’Appello devono ancora esprimersi; così come è ancora pendente la decisione circa l’applicazione del 41 bis (maggio ’22) per aver violato le regole della massima sicurezza e aver spedito e pubblicato scritti inneggianti alla lotta armata.

A vantaggio di chi?
Sono tante e tali le variabili sul caso Cospito che non è sbagliato chiedersi perché tanta durezza nei confronti di un regime detentivo che rinuncia per definizione al recupero del condannato. Cui prodest, appunto. Di sicuro Fratelli d’Italia sta cercando di capitalizzare in chiave di consenso politico questa faccenda. Quasi che il partito di governo avesse deciso di continuare a fare in aula quello che non può più fare al governo. Solo così si spiega l’intervento a freddo dell’onorevole Donzelli, non uno qualsiasi ma colui al quale Giorgia Meloni ha affidato l’organizzazione del partito, premiato con la vicepresidenza del Copasir anche a discapito di vecchi alleati storici come Fabio Rampelli, front man del partito in quasi tutti i talk tv.

Insomma, uno che quando dice qualcosa, come minimo ha avvisato Giorgia Meloni. Ieri mattina, nel pieno della votazione sulla nascita della Commissione parlamentare antimafia e mentre pochi metri più in là iniziava la conferenza stampa dei tre ministri, Donzelli ha deciso di incendiare l’aula. E di killerare a freddo il Pd e la sinistra. Con una narrazione costruita a tavolino, minuziosa, “tendenziosa”, “calunniosa”, “vergognosa” (così nei vari interventi dei deputati Pd) che ha messo insieme notizie riservate – i report di sicurezza degli agenti penitenziari che hanno Cospito un custodia – e notizie vere strumentalizzandole.

L’intervento
Donzelli ha preso la parola parlando di 41 bis, “lo strumento utile per combattere la mafia su cui la mafia prova a far cambiare idea allo Stato”. Adesso la mafia sta tentando una nuova strada per arrivare a questo obiettivo: “L’influencer-terrorista Cospito”. Le sue pezze d’appoggio sono i report riservati degli agenti della polizia penitenziaria conservati presso il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e quindi al ministero della Giustizia. Report che raccontano di una possibile saldatura tra anarchici, terroristi e mafiosi contro il 41 bis.

Una miscela esplosiva che può incendiare il mondo carcerario. “Il 28 dicembre 2022 – racconta Donzelli in una sorta di trance da manette e manganello – Cospito, mentre passava da un ramo all’altro del penitenziario, ha incontrato Francesco Presta, boss dell’ndrangheta, che lo esortava ad andare avanti nella sua lotta (e nel suo digiuno, ndr), magari fino a Bruxelles per farci togliere l’ergastolo ostativo”. Cospito annuiva e prometteva. Qualche giorno dopo, il 12 gennaio, “mentre andava al colloquio in parlatorio con l’avvocato, Cospito incontrava Francesco Di Maio del clan dei Casalesi che di nuovo lo esortava ad andare avanti. Cospito prometteva una lotta contro il 41 bis in favore di tutti, pezzetto dopo pezzetto si arriverà al risultato, all’abolizione del 41-bis”.

Ma il racconto di Donzelli non si ferma qui che sarebbe già grave perché rivela fatti riservati, secretati e nella disponibilità di pochi. L’affondo politico deve ancora arrivare: “Sempre il 12 gennaio, dopo il boss dei casalesi, Cospito incontrava anche i parlamentari del Pd Serracchiani, Verini, Lai e Orlando, che andavano a incoraggiarlo nella battaglia”. La conclusione di questa ricostruzione fa esplodere la parte sinistra dell’emiciclo. “Allora, voglio sapere adesso Presidente se questa sinistra sta dalla parte dello Stato o dei terroristi con la mafia”. Una magistrale ricostruzione pretestuosa e strumentale di fatti veri. Una fake news in piena regola.

L’imbarazzo della maggioranza
Da questo momento, siano intorno a mezzogiorno, la giornata non riuscirà più a cambiare registro. Donzelli è teso e spiritato, “gli è scappata la frizione” cercano di giustificarlo suoi. Sono imbarazzati i Presidenti di aula, prima Giorgio Mulè (Forza Italia) che cerca di chiudere subito lo scontro ma è impossibile e a quel punto non fa più nulla per fermarlo. Anche Fabio Rampelli (Fratelli d’Italia), nel pomeriggio, non può far altro che far intervenire tutti i deputati Pd a cominciare da Fornaro, Orlando, Serracchiani. Orlando è furioso: “Noi abbiamo visitato un detenuto in sciopero della fame da quattro mesi, è nostro dovere farlo. Questo non vuol dire mettere in dubbio lo strumento del 41 bis”.

Il Pd chiede l’intervento del Presidente della Camera per ritirare l’ingiuria. Fontana (Lega) vedrà Donzelli. Salvini è costretto a telefonargli, anche la Lega è in subbuglio. E non gli pare vero perché toccare il responsabile organizzativo del partito vuol dire toccare Giorgia Meloni. Sono due i problemi: le accuse scorrette e a freddo al Pd; la propalazione di notizie riservate e sensibili. Il Terzo Polo con Boschi e Costa chiede le dimissioni di Donzelli da vicepresidente del Copasir. “Oppure ci dica dove ha preso le informazioni sui colloqui tra detenuti. Ha fatto forse l’accesso agli atti?”. Tutte le opposizioni chiedono che il ministro Nordio e la premier Meloni vengano in aula a dare spiegazioni.

Il ministro della Giustizia ha avviato un’indagine interna sulle rivelazioni di Donzelli. A quanto pare Nordio non ne è a conoscenza. Il capogruppo di Fdi Tommaso Foti cerca di chiudere il caso: “Donzelli ha spiegato”. Ma non è vero. Anzi, nel pomeriggio, trafelato insiste: “Il Pd balbetta su Cospito e sul 41 bis, ho messo il dito sulla piaga”. Meno male che l’aula vota compatta l’insediamento della Commissione antimafia Una storia triste – quella di Cospito – che il governo doveva prevenire e non provocare e che ora rischia di finire male.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.