Si è chiusa la giornata caratterizzata da una girandola di incontri dei partiti della maggioranza per sciogliere il nodo sul nome da portare domani in aula per la quarta votazione sul presidente della Repubblica. Dopo la fumata nera del terzo giorno, i partiti si sono riuniti al tavolo per avanzare la propria opzione. Ma nonostante le trattative, l’intesa per l’elezione del presidente della Repubblica ancora non si trova. E le bocche sono cucite sui nomi che potrebbero essere presentati domani.

Alle ore 21, il segretario del Pd Enrico Letta e il leader del M5s Giuseppe Conte hanno riunito, in due distinte riunioni, i propri grandi elettori. Fibrillazione anche per un vertice di centrodestra, inizialmente programmato alle 22.30, ma slittato alla giornata di domani prima della quarta chiama. Un rinvio che troverebbe motivazione nel rientro di Antonio Tajani da Milano, dove si è recato in visita da Silvio Berlusconi.

Tramontata l’ipotesi di un vertice di maggioranza notturno, per chiudere un accordo. Quel che al momento appare molto probabile è che anche domani sarà fumata nera. Letta lo dice chiaramente ai suoi: “Qualunque presidente voteremo venerdì, qualcuno di noi sarà contento, qualcuno altro meno, l’obiettivo più grande lo avremo raggiunto: tramontata la candidatura di parte, si negozierà infatti un nome non di parte e autorevole”.

Quindi, è il sottotesto, no a nomi legati alla destra. E tra questi rientra il nome della presidente del Senato. “Abbiamo sventato l’operazione Casellati, ora lavoriamo per una soluzione condivisa che preservi il quadro di unità nazionale e consenta a chiunque ci sia a palazzo Chigi di governare con la stessa maggioranza”.
Nonostante le esultanze, Letta riconosce di osservare un quadro complesso. “E’ tutto completamente per aria e non per colpa nostra”, ammette confermando la volontà di lasciare scheda bianca anche domani, senza novità di rilievo. Il leader, però, parlando di fronte ai grandi elettori dem, svela le carte: “È una trattativa difficile perché dal centrodestra sono arrivati tutti no: Mattarella, Draghi, Amato, Casini, Cartabia, Riccardi”, scandisce. E rilancia un accordo su un nome super partes, istituzionale. L’obiettivo, per il dem, è evitare di perdere Mario Draghi, di qualsiasi ruolo si tratti. “Siamo stati abbastanza soli in questo tentativo”, è la lamentela di Letta.

La notte è un momento di riflessione. Almeno è questo l’auspicio di Giuseppe Conte che spera di non arrivare a un “confronto muscolare” con il centrodestra. Riunendo i grandi elettori pentastellati, l’ex premier ha parlato chiaro: “Ora non siamo in condizione di avere un nome da votare, ci saranno evoluzioni, anche notturne. Abbiamo invitato il centrodestra a un confronto, hanno tutta la notte. Non possiamo escludere che ci sia una svolta domani nella trattativa”.

Durante l’assemblea dei grandi elettori del M5S, Conte ha lanciato un messaggio al centrodestra, ancora sul nome della seconda carica dello Stato. “Quando si è diffusa l’ipotesi di candidatura di Casellati da parte del centrodestra si erano create le premesse di un cortocircuito con noi e di uno sgarbo verso di lei: una carica istituzionale non può essere trasformata in candidatura di bandiera. Creerebbe imbarazzo istituzionale senza logica. Ci auguriamo questa ipotesi venga accantonata dal centrodestra”.

Rimangono ancora aperte le discussioni sui nomi di Pier Ferdinando Casini, sedotto e abbandonato dal centrodestra, e Mario Draghi. I contatti sono continui e costanti con tutti. Ma la serata di vertici si conclude senza che vengano resi noti i movimenti dei partiti. E il segretario dem Letta, dopo aver concluso la riunione con i grandi elettori, si congenda per andare a letto. Sarà per lui un momento di riflessione. Ancora una volta.

 

 

 

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