Emergono nuovi dettagli sul presunto stupro della sedicenne, figlia di un diplomatico spagnolo, avvenuto la notte di San Silvestro 2020 in una villetta a Primavalle. La ragazza non venne aiutata dalla sua amica del cuore, né dalle ragazze dei Parioli, che invece la lasciarono sola. 

A convincere la ragazza a raccontare e denunciare le violenze subite sono stati un suo amico d’infanzia, Alberto (nome di fantasia), all’epoca diciassettenne, e sua madre.

La denuncia ai Carabinieri

Al party abusivo organizzato per festeggiare l’arrivo del 2021 tra alcol, fumo, cocaina, Rivotril e Xanax, c’era anche lui, andato via prima perché non si sentiva bene. “Mio figlio aveva lasciato la sedicenne con un’altra amica, ma questa se ne andò e la lasciò sola. Altrimenti lui non l’avrebbe mai abbandonata” racconta la madre di Alberto, 34 anni, operatrice sociosanitaria sulle ambulanze del 118, secondo quanto riportato da Il Messaggero. È stata proprio lei ad accompagnare la sedicenne, piena di lividi e sotto shock, a denunciare l’accaduto ai Carabinieri della Cassia. A distanza di più di un anno dalla vicenda dell’orrore, tra indifferenza e accuse alla vittima, dice che è contenta di aver fatto ciò che andava fatto: “il giusto“.

Alberto e la sedicenne si conoscevano da tempo e quando la ragazzina è tornata a Roma per le vacanze di Natale l’ha ospitata in casa sua. La fidanzatina dell’epoca del ragazzo era un’amica in comune con la vittima. “In quei giorni dormiva a casa mia, faceva un po’ da noi e un po’ dalla fidanzata di mio figlio” racconta la mamma. “Mio figlio si è accorto che c’era qualcosa che non andava, la vedeva scossa, e fortunatamente è stato bravo a trasmetterle fiducia e a fare in modo che si confidasse con me.”  

Nei giorni successivi al veglione, Alberto aveva cercato di capire cosa fosse accaduto alla sedicenne, cercando di andare oltre la superficialità dei racconti che parlavano dei rapporti avuti dalla ragazza. Non aveva creduto neanche alle parole di uno dei due 19enni indagati per lo stupro di gruppo, che il giorno dopo aveva contattato la vittima per convincerla, considerando i suoi pochi ricordi, che fosse stata consenziente. Pur continuando a deriderla e denigrarla con il resto del branco.

Alberto e sua madre si sono poi trasferiti, non vivono più a Roma e lui non frequenta più né l’ex fidanzata né la sua comitiva. Non hanno più saputo nulla neanche della vittima, che la 34enne sottolinea di aver considerato come ‘un’altra figlia’ nei giorni in cui l’ha ospitata. Ora spera solo che stia bene, che sia protetta e abbia tutte le cure di cui ha bisogno.

Dopo che è ripartita non si è più fatta sentire con me, non so nulla di lei e mi dispiace, mi farebbe piacere risentirla, non ho mai conosciuto nemmeno i genitori. Sono una mamma – racconta – e al posto loro avrei mandato un minimo di messaggio, non dico di ringraziamento, ma di riconoscimento perché se non altro, in loro assenza, qualcuno si è preso cura della figlia. Ma non siamo tutti uguali.

Revocati i domiciliari a uno degli indagati

Intanto il 21enne indagato per lo stupro di Capodanno è tornato libero. Gli sono stati revocati gli arresti domiciliari dal Riesame, che ha invece mantenuto le misure per gli altri due indagati maggiorenni. Sono state condivise le motivazioni del legale Cristina Marinacci: la testimonianza della parte lesa è contraddittoria e gli indizi di colpevolezza a carico del suo cliente sarebbero insufficienti.

È stata la stessa sedicenne ad associarlo a una “sensazione di schifo” nel primo verbale allegato alla denuncia, per poi sostenere che questa sensazione fosse legata più alle parole- da lui aveva ricevuto insulti ed era stata presa in giro- che a delle azioni vere e proprie. “Quella ragazza non l’ho neanche toccata” ha dichiarato il ragazzo durante l’interrogatorio di garanzia. Sono state anche depositate alcune chat in cui, da mezzanotte fino all’1 e 30, il 21enne ha mandato ininterrottamente dei messaggi alla fidanzata. Lasso di tempo durante il quale, secondo l’avvocato, non avrebbe potuto stuprarla.

Per l’impianto accusatorio invece il 21enne sarebbe stato consapevole di quanto accaduto nella villetta, tanto da tenere ‘un basso profilo’, temendo di essere intercettato. Gli investigatori l’avevano ascoltato mentre, parlando con uno dei minori coinvolti, definiva il padre della ragazza ‘un infame’ per aver denunciato: “Capito che te vojo di? Cioè tu manni tu fija a 16 anni co’ lockdown, oltretutto che n’abiti manco qua, a na festa e poi el giorno dopo te sveji e denunci? Ma che sei infame? Così sei popo un vile, un verme, un miserabile”. Il Riesame ha ora 45 giorni di tempo per depositare le motivazioni. 

Roberta Davi

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