"Emendamento inutile guidato dalla foga ideologica e dalla incapacità tecnica"
Reddito di cittadinanza, l’offerta resta congrua: la mannaia di Meloni fa cilecca

L’emendamento presentato da Maurizio Lupi (Noi Moderati) portava in pancia diversi errori, ad essersene accorta è stata Cecilia Maria Guerra, deputata dem e relatrice di minoranza, ma non c’erano i tempi per un’ulteriore correzione. Pur cancellando l’aggettivo ‘congrua‘ riguardo l’offerta di lavoro, l’emendamento rinvia alla norma del decreto legislativo istitutivo del reddito di cittadinanza, che definisce appunto le caratteristiche che l’offerta deve avere per essere obbligatoriamente accettata: la distanza dal luogo di residenza, la retribuzione, la coerenza con le competenze del soggetto.
Quindi è troppo tardi per correggere e la congruità rimane. Guerra si è accorta che la norma era mal scritta e non raggiungeva l’obiettivo voluto dal governo. Lo ha segnalato in Commissione Bilancio ma non c’era più tempo perché la maggioranza correggesse il suo errore.
“L’emendamento di Lupi, approvato in commissione, elimina la parola congrua – spiega Guerra – e crede così di avere obbligato il percettore ad accettare una qualsiasi offerta di lavoro. Ma non è così. La norma modificata costringe il lavoratore ad accettare ‘la prima offerta ai sensi dell’articolo 4, comma 8, lettera b), numero 5)’ del decreto legislativo che disciplina il reddito di cittadinanza, che rinvia a sua volta al decreto legislativo di attuazione del Jobs act, che definisce appunto l’offerta congrua”.
Errore che volente o nolente fa sì che ora la norma si legga così, prosegue Guerra: “Il percettore del Rdc deve accettare la prima offerta definita ai sensi della norma che ne definisce la congruità. Un emendamento inutile, guidato dalla foga ideologica e dalla incapacità tecnica”, chiude lapidaria la deputata.
La conferma della lettura di Guerra arriva anche dal Servizio Bilancio della Camera che nel dossier scrive: “Non viene comunque eliminato il rinvio all’art.4, comma 8, let.b), n.5”. Dalla maggioranza è calato il silenzio ma il governo tira dritto, annunciando modifiche al reddito di cittadinanza a partire da gennaio: “Io spero che nella seconda metà del mese di gennaio potremo portare a casa questo decreto che toccherà anche il reddito di cittadinanza – spiega il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon (Lega) -. L’offerta congrua che abbiamo in mente prevede che qualsiasi persona, anche laureata, se gli offrono un posto anche di cameriere, casomai vicino casa, è giusto che la accetti”, e prosegue sottolineando che rimarrebbe il criterio della territorialità: “Anche perché una persona non può andare a Trieste per due giorni se è di Napoli”.
Conte e il ‘suo’ Movimento, che ha fatto del reddito di cittadinanza una colonna portante del proprio programma, sono alla levata di scudi perché se è vero che per il momento l’offerta resta ‘congrua’ in attesa del decreto annunciato dal Durigon e del riordino delle politiche attive del lavoro annunciate dalla ministra del Lavoro Marina Calderone, nel 2023 si ridurrà invece la durata dell’assegno per circa 400 mila famiglie beneficiarie.
Anche su questo punto, rileva Guerra, la narrazione del governo “non è coerente con quello che hanno scritto nella norma. È stato detto che perderanno l’assegno dopo sette mesi gli occupabili che non lavorano, ma non è così. Lo perderanno i nuclei che non hanno al loro interno un anziano ultrasessantenne, un disabile o un minore. Gli altri, anche se lavorano, ma guadagnano troppo poco, senza quelle condizioni lo perderanno”.
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