È ripresa la guerra del tabacco in Parlamento. Dopo un anno dalle feroci polemiche scatenate dall’inchiesta del Riformista sui legami commerciali tra Philip Morris e Casaleggio e l’incredibile sconto fiscale attuato dai governi Conte alla multinazionale, oggi è la Lega a proporre un congelamento della tassazione al gigante del tabacco. L’emendamento alla finanziaria è stato presentato al Senato da quattro parlamentari leghisti (Ferrero, Testor, Tosato, Faggi) e propone di eliminare per il biennio ’22-’23 l’incremento progressivo dell’incidenza fiscale applicata al tabacco riscaldato, mercato dove Pmi ha una posizione da leader incontrastato a livello mondiale.

Secondo i conti fatti dal partito di Matteo Salvini lo stop all’aumento comporterebbe un minor gettito per le casse dello Stato di “appena” 55 milioni di euro l’anno (che è esattamente la cifra risparmiata con il taglio di circa 350 parlamentari, che fu presentata praticamente da tutti i partiti come un clamoroso risparmio per l’erario). Comunque non è così, i conti fatti dalla Lega non tornano. A volumi di vendita costanti il minor gettito sarebbe pari a 75 milioni di euro nel 2022 e 150 milioni di euro nel 2023. Ma si tratta di una stima davvero prudente. Il tasso di crescita del tabacco riscaldato è pari al 60% su base annua: con un tasso di crescita di almeno il 30% il minor gettito sarebbe pari a 95 milioni di euro nel 2022 e 270 milioni di euro nel 2023. In entrambi i casi numeri assai lontani da quelli proposti dalla Lega. Le stime del Mef, a quanto risulta al Riformista, sono assai più dure per le casse dello Stato.

Ma è al Mef e in casa Lega che si gioca tutta la partita: perché l’emendamento dovrà essere “giudicato” dal sottosegretario Federico Freni, legatissimo a Salvini, che ha preso il posto del dimissionario Durigon. Accreditato di una fama da negoziatore, Freni dovrà decidere se accontentare gli appetiti lobbistici del suo partito o schierarsi dalla parte del suo ministro, Daniele Franco che non ama i buchi di bilancio, per realizzare il secondo taglio fiscale in quattro anni ad un prodotto in grande ascesa. L’iniziativa leghista riporta le lancette dell’orologio della politica indietro di un anno quando Il Riformista rivelò la concretezza della liasons Philip Morris Casaleggio – concretezza da 50 mila euro al mese – e la storia del mega sconto fiscale alla multinazionale realizzato dal governo giallo-verde di Giuseppe Conte, poi confermato nella versione giallo-rossa. Il risultato di quella rivelazione fu l’approvazione in Parlamento di un piccolo ma significativo aumento per i prodotti con tabacco riscaldato, dopo un periodo in cui i governi a trazione cinque stelle avevano dimezzato le accise e resistito ad ogni richiesta di aumento.

Una vicenda ancora non chiara in tutti i suoi aspetti, politici e giudiziari. Un’inchiesta aperta sul rapporto Pmi-Casaleggio Associati a Milano e un processo in corso a Roma a carico di alcuni ex-alti dirigenti di Philip Morris potrebbero rivelare alcuni dei fuori scena di un romanzo politico-finanziario in cui ballano centinaia di milioni di euro. Con un particolare agghiacciante: in piena pandemia, primavera 2020, il governo Conte negò ad un fronte trasversale in Parlamento l’avvio di un fondo sanitario finanziato dal taglio fiscale di cui stava godendo Philip Morris. Tra fumo e malati la scelta fu chiara. Fumo. E a proposito di salute, nelle stesse ore in cui veniva presentato l’emendamento leghista l’Università Alma Mater di Bologna, città dove la multinazionale ha installato il suo quartier generale, ha reso noto che nel tabacco riscaldato made in Philip Morris sono presenti composti cancerogeni. Da anni il ministero della Salute ne era a conoscenza ma il report dell’Istituto superiore di sanità venne messo da parte, non considerato dai ministri in carica che silenti approvavano il mega sconto fiscale per Big Tobacco. Ora è ufficiale: il fronte nella guerra tabacco è di nuovo aperto.