Un bis di “tesoretti” che spuntano fuori dalla revisione dei conti pubblici al 30 di novembre. Il primo “tesoretto” pari a tre miliardi e 300 milioni sono soldi destinati ma non spesi che adesso saranno impiegati per acquistare vaccini (1,85 miliardi), per gli straordinari delle forze dell’ordine (49 milioni) con un plus di lavoro dovuto ai sabati no vax e ai controlli del green pass, un miliardo e 400 milioni assegnati alle infrastrutture ferroviarie. Il secondo “tesoretto” è pari a circa un miliardo di euro e sarà destinato a Pmi e fasce di reddito basse per combattere il caro bollette. Sale così a tre miliardi e 800 milioni il fondo 2022 per combattere l’aumento del costo del gas e della luce elettrica.

Le previsioni dicono che con la primavera la corsa al rialzo si fermerà e inizierà la discesa. Se questo sarà, come dicono gli analisti, l’ultimo stanziamento contro il caro-bollette, da luglio 2021 a marzo 2022 il governo avrà investito su questo fondo 8 miliardi e trecento milioni. Tutte risorse destinate a piccole e medie imprese e alle famiglie con le fasce di reddito più basse. A proposito delle “misure inique” del governo Draghi che hanno convinto Cgil e Uil a proclamare lo sciopero generale per il prossimo giovedì (16 dicembre). Il Consiglio dei ministri, nell’aria come tutti i giovedì, è stato convocato quasi all’improvviso poco dopo le 14. Per tutta la mattina i tecnici del Mef hanno fatto e rifatto i conti fino ad avere la certezza di aver messo le mani sui due tesoretti. Notizia degna di essere sottoposta e condivisa il prima possibile con tutto il governo. E così è stato: intorno alle 16 le segreterie hanno ricevuto la distinta dei conti, alle 16 e 30 è iniziata la riunione che si è conclusa dopo un’ora. Senza alcun riferimento allo sciopero del 16. “Non c’è stato cenno alcuno” conferma una fonte di governo seduta al tavolo.

Quei soldi, una volta trovati, sarebbero stati investiti comunque. Nessuna mano tesa o ramoscello d’ulivo dunque ai leader di Cgil e Uil che hanno proclamato lo sciopero nazionale contro il governo e contro una legge di bilancio “iniqua perché non combatte le disuguaglianze”. Anche questi quattro miliardi destinati a vaccino, trasporti, sicurezza e caro bollette sono “spesa sociale”. Ma non sono in alcun modo il tentativo di “blandire” Landini e Bombardieri. Che, attaccati un po’ da tutto il sistema mediatico e anche da molti leader politici, rischiano adesso l’isolamento proprio in quel mondo del lavoro in nome del quale hanno indetto lo sciopero. La Cisl, che ha bollato lo sciopero come “inopportuno, sbagliato e anche infondato”, sta organizzando, sempre il 16, la contro-manifestazione per spiegare cosa ha fatto il governo e per quali miglioramenti è necessario lottare ancora.

La doccia fredda ieri è arrivata dall’Autorità garante sugli scioperi. “Lo sciopero deve essere riformulato”, scrive l’Authority nella delibera. Non avendo infatti i sindacati precedentemente annullato tutta una serie di proteste stabilite a suo tempo con la Cisl contro la manovra, la data del 16 finisce per “non rispettare la regola della rarefazione oggettiva”. Non solo: per quel che riguarda il settore Poste e igiene ambientale, il 16 non rispetta neanche il periodo di franchigia durante il quale non possono essere proclamati scioperi visto che proprio quel giorno “cade” il pagamento dell’Imu e che nel settore dell’Igiene mentale non possono essere proclamati scioperi dal 16 dicembre al 6 gennaio. Landini e Bombardieri hanno adesso cinque giorni di tempo per “riformulare la proclamazione dello sciopero”.
Da quando è stato proclamato – la comunicazione è arrivata a palazzo Chigi la sera del 6 dicembre – Draghi non ha più avuto contatti con Landini e Bombardieri. Se è sbagliato chiamarlo muro contro muro, di sicuro tra i due è calato il gelo.

E dire che fine a poche ore prima il premier non solo aveva tenuto conto delle loro richieste ma in parte le ha anche soddisfatte sulla parte fiscale e taglio tasse: se le aliquote non si toccano (quattro invece di cinque) e neppure lo schema del taglio delle tasse (sette miliardi per il taglio dell’Irpef, uno al taglio dell’Irap per le Pmi), l’elenco dei provvedimenti in manovra per lavoratori e pensionati è lungo, dalla riforma degli ammortizzatori sociali ai soldi contro il caro bollette, dal taglio dell’Irpef all’assegno unico, dal fondo per gli invalidi alla sanità. La proclamazione dello sciopero ha buttato al macero mesi di buone relazioni (lo riconoscono anche Landini e Bombardieri), di incontri e consultazioni quasi mensili. Per non dire di quell’abbraccio sotto la sede della Cgil a Roma quando Draghi andò a trovare Landini negli uffici devastati dalla furia no vax. Un ricordo anche la bella piazza san Giovanni a Roma convocata contro tutti i fascismi, Cgil, Cisl e Uil insieme.

Ecco, Draghi non sembra preoccupato: a palazzo Chigi arrivano indiscrezioni che poi la partecipazione non sarà oceanica. E neppure arrabbiato: scioperare è un diritto sacrosanto. Gli è scattato in testa il dubbio che sia un modo per logorare lui e la sua larga maggioranza. E c’è rimasto male convinto com’è di aver fatto molto di più lui in questi dieci mesi che altri premier negli anni precedenti. «Scorretto poi», dicono fonti di palazzo Chigi, «confondere i piani», spacciare ad esempio per riforma fiscale (è stato approvato un ddl a parte, ndr) quello che è solo un taglio delle tasse, primo step di quella riforma più ampia. Scorretto anche dire che “poco è stato fatto per le pensioni” quando il premier ha convocato i sindacati nella sala Verde di palazzo Chigi proprio per avviare insieme la grande riforma della previdenza.

La data prevista era l’inizio della prossima settimana. La convocazione potrebbe esserci ugualmente. Così come potrebbe essere ritardata. “Ma non c’è alcuna relazione con lo sciopero” si affrettano a spiegare fonti del governo. Gli oltre quattro miliardi trovati ieri dagli uffici del Mef e messi subito a disposizione, non sono uno schiaffo ai leader sindacali. Parlano però direttamente ai lavoratori cui quella somma è destinata. Perchè una cosa non sopporta il premier: passare per quello che non capisce dove abita la povertà e cosa vuol dire il bisogno.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.