Il nuovo Consiglio superiore della magistratura, quello della parità di genere, condanna alle pena della “censura” la pm di Palermo Alessia Sinatra, molestata dall’ex procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo. I fatti sono quelli dell’hotel Isa di via Cicerone a Roma, dove nel 2015 il magistrato che ha indagato tra le altre cose sui genitori di Matteo Renzi e sullo stesso ex premier sottopose ad aggressive avances la collega in occasione del congresso della corrente Unicost.

Per quei fatti nel 2021 Creazzo subì una condanna più simile ad un buffetto: la decurtazione di due mesi di anzianità. Oggi invece paradossalmente è la stessa Sinatra a venir condannata dalla sezione disciplinare del Csm, presieduta dal neo presidente Fabio Pinelli, alla “censura”.

La colpa della pm di Palermo? Essersi lamentata subito dopo le molestie con alcuni messaggi via smartphone con l’allora collega e componente del Csm Luca Palamara del collega “porco” che l’aveva infastidita sessualmente, scrivendo all’ex presidente dell’Anm e all’epoca leader di Unicost “giurami che il porco cade subito” in relazione alla candidatura dello stesso Creazzo a procuratore di Roma che il Csm avrebbe dovuto decidere a breve.

Scambi privati, sms che avrebbero dovuto rimanere ‘chiusi’ nei rispetti telefoni: non sarà così, perché nel 2019 scoppierà il bubbone del Palamaragate e il sequestro dell’iPhone dello stesso membro del Consiglio superiore della magistratura per i noti fatti dell’hotel Champagne.

Il ‘tribunale’ del Csm definisce oggi il comportamento tenuto da Sinatra “gravemente scorretto” nei confronti di Creazzo. Una sentenza sorprendente, visto che la procura generale della Cassazione aveva chiesto l’assoluzione. L’avvocato di Sinatra, Mario Serio, avvocato civilista di Palermo come la stessa Alessia e professore di diritto comparato, nonché ex componente laico del Csm, parla di “grave arretramento nella difesa delle vittime di abusi in ambito lavorativo”, mentre Repubblica registra lo sfogo del pubblico ministero: “Sono sconvolta e raggelata. Ma continuerò la mia battaglia in Cassazione”.

Per Serio “la sentenza della sezione disciplinare di condanna di una magistrata , già vittima di accertati abusi sessuali da parte di un collega, che aveva la sola colpa di avere in una conversazione privata – destinata a non essere divulgata e malgrado questo fatta ostensibile – reso manifesta la sua indignazione per la possibile promozione dell’autore del gesto ed auspicato, in ambito egualmente privato, il mancato riconoscimento del successo professionale, segna un grave arretramento nella difesa delle vittime di abusi in ambito lavorativo e suscita grave allarme“.

L’avvocato ricorda quindi “la toccante autodifesa dell’incolpata che ha spiegato il retroterra psicologico ed il fine dei messaggi, che altro non rappresentavano se non uno sfogo segreto di una donna violata”, definendo la sentenza della sezione disciplinare del Csm, composta in misura paritaria da componenti maschili e femminili, “un precedente pericoloso sia sul piano giurisprudenziale sia sul piano del costume sociale che non potrà non toccare le corde della diffusa sensibilità femminile”.

Redazione

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