I giudici di appello hanno sbagliato “nel ritenere sussistente il dolo e colpa grave in rapporto al diverso, e mai contestato, delitto di partecipazione nel reato associativo di stampo mafioso, considerato che il ricorrente è stato processato e condannato per il diverso reato di concorso esterno nel reato associativo, la cui configurabilità è stata, tuttavia, esclusa dalla Corte Edu per incertezza descrittiva e imprevedibilità di configurazione giuridica all’epoca dei fatti. […] Qui si annida l’errore di diritto in cui è incorsa la Corte territoriale”. È quanto hanno scritto i giudici della Terza Sezione Penale della Cassazione nelle motivazioni con cui lo scorso 24 giugno hanno annullato con rinvio l’ordinanza con la quale la Corte di Appello di Palermo aveva rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione proposta da Bruno Contrada, difeso dall’avvocato Stefano Giordano.

L’ordinanza impugnata, concludono i supremi giudici, “deve, quindi, essere annullata dovendo il giudice del nuovo rinvio, sulla scorta degli accertamenti in punto di fatto indicati nell’ordinanza impugnata, determinare la ricorrenza del dolo o colpa grave, causa ostativa alla riparazione, in relazione non già alla fattispecie di reato di partecipazione all’associazione mafiosa, mai contestata e rispetto la quale il ricorrente non si è mai difeso nel processo, bensì rispetto a condotte sinergiche al favoreggiamento sia delle singole vicende accertate, sia dell’associazione mafiosa”.