Reinhold Messner si è dovuto difendere per anni dall’infamante insinuazione di aver abbandonato suo fratello in quota per portare a termine l’impresa alpinistica sul Nanga Parbat. Era il 1970 e Günther Messner da quella spedizione non sarebbe più tornato indietro. Reinhold aveva appena compiuto 25 anni, era la prima volta che provava la scalata. Il fratello era di due anni più giovane. “La scorsa settimana, la seconda scarpa di mio fratello Günther è stata trovata ai piedi del ghiacciaio del Diamir da gente del posto. Dopo cinquantadue anni. La tragedia del Nanga Parbat rimane per sempre così come Günther”, ha scritto l’alpinista pubblicando su Instagram la foto dello scarpone.

Günther venne dichiarato morto nel giugno del 1970, travolto da una valanga. Il Re degli ottomila ha pubblicato ieri in rete la fotografia del secondo scarpone del fratello restituito sul versante Diamir. “Il ritrovamento è solo la conferma della conferma e di quanto io ho sempre detto”. Quel ragazzo tirolese sarebbe diventato il primo uomo a scalare tutte le vette oltre gli ottomila metri ma quell’insinuazione sulla tragedia del fratello non l’avrebbe mai abbandonato.

Era il 2005 quando i resti e l’altro scarpone di Günther furono trovati sul versante Diamir, confermando la versione di Reinhold. All’epoca Messner tornò al Nanga Parbat per cremare i resti di suo fratello. “Mi hanno chiamato fratricida per la volontà di alcuni di fama e soldi. Si tratta di un vero e proprio crimine”, aveva detto all’epoca l’alpinista con rammarico. “Il ritrovamento dei resti e di uno scarpone dimostrano senza ombra di dubbio che Günther è morto durante la discesa e non è stato abbandonato da me durante la salita“.

Ora il ghiacciaio del Diamir ha restituito anche il secondo scarpone, “più a valle perché un ghiacciaio è come un fiume lentissimo che non si ferma mai”, spiega Messner. “Anche sull’assenza di questo scarpone qualcuno si era fatto strane idee”. Dal campo base gli hanno mandato una foto per identificarlo e non ci sono dubbi. Lo scarpone destro da tempo è esposto nella cappella di Castel Firmiano, assieme ad altri cimeli di alpinisti scomparsi. “Deciderò assieme ai miei fratelli cosa farne del secondo scarpone” ha aggiunto Messner all’Ansa ribadendo di essere da tempo in pace con se stesso e con l’intera vicenda. “I dietrologi ci saranno sempre e non taceranno mai, ma questo non importa”.

La tragedia ispirò nel 2010 il film del produttore bavarese Joseph Vilsmaier. La spedizione era condotta dal tedesco Karl Maria Herrlingkoffer. I fratelli avevano raggiunto gli 8.125 metri della vetta del Nanga Parbat, la “montagna killer”. Reinhold Messner aveva cercato il fratello travolto da una valanga per un giorno e una notte. Sarebbe arrivato a valle sei giorni dopo in barella, soccorso da una cordata di sherpa, gli vennero amputate parzialmente delle dita dei piedi.

 

 

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Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione e teatro.