Dopo 5 assoluzioni...
Ruby ter, Berlusconi immortale per la procura: nuovo processo dopo gaffe giudiziarie e assoluzioni
Lui non ci sarà, ma Silvio Berlusconi, assolto cinque volte per lo stesso fatto, sarà ancora protagonista e vittima del nuovo processo per le cene di Arcore che verrà celebrato in corte d’appello a Milano dopo la decisione di ieri della corte di cassazione, che ha accolto il ricorso della procura milanese.
Una ventina di giovani donne protagoniste nei vari “processi Ruby”, e già assolte dai reati di falsa testimonianza e corruzione, saranno così di nuovo alla sbarra. Mentre si continuerà ancora, e ancora e ancora, a frugare nella vita personale di Berlusconi. Sul piano delle procedure, è la vittoria della visione sostanzialistica del diritto, ribadita e inseguita dai due procuratori del processo, Tiziana Siciliano e Luca Caglio, in linea con la tradizione del “rito ambrosiano”, quello che ha sempre privilegiato la logica del fine che giustifica il mezzo. Una decisione che non aveva visto l’accordo del procuratore capo Marcello Viola.
Processo Ruby, le deposizioni illegittime
Le assoluzioni degli imputati avevano rappresentato la visione del tutto opposta del tribunale di Milano presieduto da Marco Tremolada, colui che ha dimostrato anche nel processo Eni quanto fondamentale, nello Stato diritto, sia invece la forma. Se persone nei cui confronti sono già in corso indagini, come era in questo caso la situazione di quelle che con sprezzo venivano definite “olgettine”, dal nome della via in cui risiedevano, vengono interrogate come testimoni, e quindi come pubblici ufficiali, e non come indagate in procedimenti connessi, le loro deposizioni sono illegittime e inoltre si crea un grave vulnus al diritto. Questo era accaduto nei due processi “Ruby uno” e “Ruby due” contro Silvio Berlusconi, al termine dei quali però il leader di Forza Italia era uscito assolto. Su che cosa quindi queste pseudo-testimoni avrebbero mentito? Sul nulla. Perché nulla di illegale era accaduto nel corso di quelle cene. E perché il padrone di casa, che era stato accusato addirittura del reato di prostituzione minorile, non era al corrente della vera età, diciassette anni e mezzo, di Karima El Marhoug, la ragazza cui la pm Ilda Boccassini attribuì una certa “astuzia levantina”.
La gaffe giudiziaria
Da quelle assoluzioni, la cui sostanza risiedeva nel fatto che se quelle ragazze erano indagate in procedimenti connessi avrebbero avuto diritto alla presenza del difensore, non avrebbero avuto l’obbligo di dire la verità e non sarebbero state pubblici ufficiali, la reputazione della procura di Milano era uscita a pezzi. Nella motivazione del tribunale infatti veniva rilevata l’inutilità di quel terzo processo, il “Ruby ter”, fondato sulle false testimonianze e la presunta corruzione di testimoni che tali non erano. Inoltre, scrivevano i giudici, “se quelle garanzie fossero state osservate”, se non si fosse attuato un vero “inquinamento probatorio”, “non si sarebbero disperse energie processuali nell’acquisizione di fonti che si sapevano inquinate a monte”. Una bella lezione di procedura, cozzata però sul muro della caparbietà su ipotesi e teoremi che evidentemente rimane cucita addosso alla procura di Milano anche contro le evidenze.
Gli aiuti di Berlusconi alle olgettine
Tutte quelle testimonianze erano frutto di corruzione, dissero il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e il pm Luca Caglio, trascurando almeno due dettagli non secondari. Il primo: Berlusconi non ha mai nascosto il fatto di aver aiutato economicamente una serie di giovani donne che avevano partecipato alle sue cene, motivando il gesto con la necessità di risarcirle dai danni professionali e d’immagine avuti dalla gogna di tutti quei processi. Aiuti economici elargiti ufficialmente e con percorsi tracciati. Inoltre: su che cosa avrebbero mentito nelle deposizioni processuali? Dal momento in cui il principale protagonista è stato assolto da ogni reato, viene meno qualunque sospetto su serate in cui sarebbero accaduti fatti gravi dal punto di vista della legalità. Restano gli aspetti pruriginosi e il gusto del buco della serratura. Che non dovrebbero attenere alle aule di tribunale.
“Questa storia non ha fine”
La procura di Milano, ancora dopo 14 anni da quella notte tra il 27 e il 28 maggio del 2010 in cui tutto cominciò, con una ragazzina fermata per furto e una telefonata in questura del presidente del consiglio, dopo le assoluzioni del “Ruby ter” ha giocato d’astuzia. Non ha presentato ricorso in appello, ma, adottando una procedura molto rara, quella definita “per saltum”, è andata a bussare direttamente alla cassazione. Dove ha trovato prima di tutto un procuratore generale che le ha dato ragione. E poi una sezione di tribunale che ha disposto un nuovo processo (solo per corruzione, la falsa testimonianza è prescritta) contro le ragazze, a partire da Karima.
“Questa storia non ha fine”, commenta il suo difensore Jacopo Pensa. E aggiunge: “Se le ragazze erano pubblici ufficiali, dovevano almeno essere avvertite”. Quindi vedremo ancora Silvio Berlusconi sotto processo per un fatto da cui è stato assolto cinque volte?
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