Hanno marcato stretto i britannici senza mai mollare nemmeno per un istante. E così Ruggero Tita e Caterina Banti hanno conquistato l’oro nella vela a Tokyo nella categoria Nacra 17, il catamarano misto da competizione voluto ai Giochi dal Cio per spingere l’eguaglianza di genere. Per l’Italia è la quinta medaglia d’oro dei Giochi di quest’anno, la 29esima in totale. E così gli azzurri superano il risultato di Rio 2016.

Dodici regate, quattro dominate, a bordo del piccolo catamarano volante hanno portato il duo italiano alla vittoria nella baia di Enoshima. Tita e Banti, sono inafferrabili a bordo dell’imbarcazione volante che insieme ha già vinto tutto, Europei, Mondiali e ora i Giochi.

Ruggero, il timoniere, è nato a Rovereto 29 anni fa. Prima tentato dallo sci (“Da buon trentino la neve ha rappresentato il mio primo sport”) è salito in barca un’estate mentre era in vacanza sul lago di Caldonazzo e non è mai più sceso. Nel 2019 si è guadagnato una chiamata alla base di Luna Rossa di Cagliari, l’esperienza in America’s Cup con il team di Max Sirena gli è servita per allargare gli orizzonti e mettere altra acqua, e vento, in cambusa.

Caterina, il prodiere, romana del Flaminio di 34 anni, ha frequentato prima l’equitazione, poi la scherma e la ritmica, prima di trovarsi negli spazi ristretti del Nacra 17. Si è avvicinata alla vela per caso sul lago di Bracciano, amore a prima vista: “Adoro la sensazione di libertà — racconta —, con Ruggi le strade si sono incrociate nel 2016: il feeling è stato immediato, non abbiamo dovuto costruirlo”. Un dettaglio fondamentale, in questa storia.

Sul Nacra 17 infatti c’è bisogno di tanto feeeling di squadra e anche di una sensibilità totale con il vento e la barca. È uno scafo nato per fare foiling, cioè sollevarsi sulle alette e volare sull’acqua, esattamente come i fantascientifici monoscafi della Coppa America: in queste condizioni sospese capirsi con uno sguardo è fondamentale, soprattutto quando il vento salta e le manovre concitate si susseguono, in quelle condizioni chi si parla troppo (e perde attimi preziosi) è perduto.

Uomo e donna, mondi diversi, come trovare un terreno comune? “Io ho cinque anni più di Ruggero – risponde Caterina -, siamo diversi in tutto, però alla base della nostra collaborazione sportiva avverto forte la volontà condivisa di fare tanto, e farlo bene”. La rotta verso l’oro era tracciata, non restava che gettare la rete nella baia di Enoshima e riportarlo a riva.

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Giornalista professionista e videomaker, ha iniziato nel 2006 a scrivere su varie testate nazionali e locali occupandosi di cronaca, cultura e tecnologia. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Orgogliosamente napoletana, si occupa per lo più video e videoreportage. È autrice anche di documentari tra cui “Lo Sfizzicariello – storie di riscatto dal disagio mentale”, menzione speciale al Napoli Film Festival.