“Dopo le dimissioni di Guido Bardelli da assessore alla Casa, il sindaco di Milano Giuseppe Sala ha ridefinito l’assetto delle deleghe di Giunta. Fabio Bottero sarà il nuovo assessore all’Edilizia Residenziale Pubblica. L’attuazione e implementazione del Piano straordinario della Casa passano all’assessore Emmanuel Conte che assume il ruolo di assessore al Bilancio, Demanio e Piano Casa. L’assessore Marco Granelli assume il ruolo di assessore alle Opere pubbliche, Cura del territorio, Protezione civile. Sono riservate alla diretta competenza del sindaco le funzioni di indirizzo politico in materia di Polizia locale. Le funzioni di indirizzo politico relative alla sicurezza saranno presidiate dal Comitato strategico per la sicurezza e la coesione sociale che sarà presieduto da sindaco e vicesindaco”.

Tre giorni dopo il Consiglio comunale più infuocato dell’amministrazione in corso, così il sindaco Sala e la maggioranza danno risposta al momento critico. Risposta operativa e politica, perché operativa e politica era la crisi nella quale il governo della metropoli era precipitato. Tutto era nato dal Salva Milano, cioè il decreto legge che avrebbe dovuto (dovrebbe…) metter chiarezza nell’interpretazione delle norme che regolano edilizia e rigenerazione urbana. Un decreto reso indispensabile da una serie di sequestri giudiziari di cantieri, dal percorso lento e incerto a causa di tatticismi politici, infine andatosi a schiantare a seguito dell’inchiesta che ha portato all’arresto di un ex funzionario comunale. “Non ci sono le condizioni per continuare a sostenerlo”, aveva detto il sindaco Sala. E da quel momento la crisi politica era chiara.

Il primo segno era stata la scarna e dignitosa dichiarazione di dimissioni dell’assessore Guido Bardelli, tutta imperniata sulla necessità di serenità dell’amministrazione, della tutela della riservatezza delle conversazioni private date in pasto al pubblico, della tutela delle persone care attorno a lui. L’assenza di riferimento alla materia, all’inchiesta, faceva di quelle dimissioni una implicita rivendicazione di bontà dell’operato, ora messo in discussione. Ad alzo zero il fuoco amico del verde Monguzzi, arrivato a chiedere che Bardelli venisse sostituito con qualcuno che si fosse dichiarato contrario al Salva Milano. Aggiungendo che “la politica deve arrivare prima della magistratura”, togliendo così ogni dubbio sul suo giudizio sul piano di rigenerazione urbana e le inchieste della Procura.

Mentre tra i consiglieri di maggioranza non Pd circolava qualche malumore (“Bardelli era un civico, se Sala dà l’assessorato a un dem non ci siamo…”), dall’opposizione arrivavano le bordate. “Avete il coraggio di dire che siete in grado di amministrare, nel momento in cui avete gettato la città nel caos?”, chiedeva Truppo di Fratelli d’Italia. Ma poi è stato l’intervento di Luca Bernardo (FI) a mettere in chiaro che ormai la questione non era più solo il Salva Milano, ma un regolamento di conti su tutto il fronte dell’amministrazione: “Milano è una città abbandonata dal suo governo, una città che ha conosciuto un progressivo declino. Soffre di una gestione fallimentare della mobilità, della sicurezza, dell’urbanistica”.

E su tutto il fronte è stata la risposta di Beppe Sala e della maggioranza: il tema caldo dell’edilizia affiancato a quello del bilancio, quello sempre critico della sicurezza, fatto diventare responsabilità diretta del sindaco. Un colpo di reni, che deve però fare i conti con i fatti. Il Salva Milano è fermo, così come i cantieri; il piano per aumentare la sicurezza ha portato le pattuglie di polizia urbana, durante la notte, da 7 ad appena 9, per tutta la città.