Ciò che più amo della politica è la passione con cui si lotta per gli ideali e per le idee in cui si crede. A differenza di alcuni che amano le proprie idee e non tollerano quelle altrui, ho sempre nutrito un grande rispetto per i miei avversari politici e per le loro convinzioni. E per quanto possa essermi scontrata duramente con alcuni di loro, credo di non essere mai stata irrispettosa. Oggi, e mi fa molto male scriverlo, non provo alcun rispetto umano e politico per le persone che non hanno avuto il coraggio di fare il loro lavoro di politici: quello di decidere. È stato triste assistere alla vigliaccheria della sinistra e dei 5Stelle, che invece di andare a votare a favore del processo a Salvini hanno disertato l’aula della giunta per le Immunità.

Ed è stato altrettanto triste assistere al voto della Lega, che dopo aver sostenuto la legittimità dell’azione di Salvini sulla Gregoretti, ha deciso di mandare il suo leader a processo, contrariamente a quanto fatto in un’occasione analoga. Capisco che la vicenda della Gregoretti in campagna elettorale può avere un peso sul voto; capisco la necessità di strumentalizzare tutto lo strumentalizzabile; capisco che la tattica ormai ha la precedenza su tutto, anche su quel che resta del rispetto per le istituzioni. Ciò che proprio non riesco a capire è la vigliaccheria di una politica che non ha il coraggio di assumersi la responsabilità di decidere. Chi nella propria vita sceglie di dedicarsi alla rappresentanza del popolo in un Comune, una Regione, in Parlamento, in Europa, lo fa per assumere decisioni in nome e per conto del popolo. La scelta di disertare il voto da parte della sinistra e dei 5Stelle è una pagina purtroppo indimenticabile della storia politica di questo Paese. Zingaretti, Di Maio, Renzi avrebbero dovuto mandare Salvini a processo, se ritenevano che fosse la cosa giusta da fare. Invece non lo hanno fatto.

Hanno deciso di non decidere per ragioni elettorali. Al contempo Salvini avrebbe fatto bene a essere coerente con ciò che ha sempre sostenuto, facendo votare i suoi contro l’autorizzazione a procedere. Fare il martire sull’altare del vittimismo da lui stesso creato non è stato un bello spettacolo a cui assistere. Su quell’altare infatti non giace la sua persona, ma il diritto-dovere della politica di agire in nome e per conto del popolo. Così, ancora una volta, se l’Aula darà il via libera, toccherà alla magistratura dirimere una questione squisitamente politica. Così, ancora una volta, la politica avrà perso l’occasione di recuperare la dignità a cui rinuncia ormai con grandissima leggerezza, sacrificandola al totem di un consenso elettorale destinato ad essere sempre meno duraturo.