L’intricata vicenda della nave Gregoretti si arricchisce di un nuovo round. Ieri la Giunta per il Regolamento del Senato, con il voto decisivo della presidente Casellati, ha sancito che vanno rispettati i tempi perentori entro cui il Senato deve esprimersi, e quindi lunedì è prevista la decisione se mandare o no a processo Salvini per la vicenda della nave piena di immigrati a cui non fu dato il permesso di entrare in un porto italiano quando lui era ministro dell’Interno.

Il voto in Giunta della Casellati ha scatenato le proteste proprio dei partiti di maggioranza che vogliono il processo per Salvini, e che pare siano ora al lavoro per provocare il rinvio della decisione, magari con un’assenza strategica. Accusano la Presidente di non essere stata super partes, eppure pochi giorni fa non si erano scandalizzati per un episodio analogo, avvenuto in Commissione Giustizia alla Camera, quando il voto della Presidente della Commissione Businarolo era stato decisivo per affossare il disegno di legge di Enrico Costa contrario all’abolizione della prescrizione.

Ma c’è anche qualcos’altro che non torna. Se infatti sinistra e 5Stelle sono tanto convinti della colpevolezza del leader della Lega, come mai non hanno fretta di consegnarlo al giusto iter processuale? La risposta è molto semplice: elezioni. L’approccio ad uso e consumo che sinistra e 5Stelle adottano sulle (numerose) vicende giudiziarie che interessano la politica sconsiglia di fare questo voto durante gli ultimi giorni di campagna elettorale prima del 26 gennaio. Si vuole così impedire che la coalizione di centrodestra possa fare leva su questo argomento negli ultimi giorni prima del voto. E in effetti è un bell’argomento: qui si tratta della maggioranza di governo che manda a giudizio il leader dell’opposizione. In questo senso la contraddizione che muove i partiti di governo è evidente: se mandano a processo Salvini prima del voto faranno apparire il leader leghista – e di riflesso i partiti di centrodestra – come vittime di una persecuzione politico-giudiziaria.

Al contrario, se non lo faranno dimostreranno di aver fatto una scelta finalizzata ad impedire che Salvini possa apparire come vittima sacrificale di una politica che di fatto deve temere di esercitare la prerogativa di decidere. E che quindi la giustizia può attendere, se fa comodo.

In uno Stato di diritto chi viola le leggi ha il dovere di risponderne davanti alla giustizia, e in questo senso Pd e 5Stelle non devono perdere tempo – come stanno invece facendo – se sono convinti che sia questo il caso. Ma sempre in uno Stato di diritto chi governa su mandato popolare ha il dovere di decidere, ed è preoccupante che parte della politica neghi a se stessa questo diritto-dovere.

È vero che i 5 Stelle hanno fatto dell’arte di non decidere un marchio di fabbrica (la gestione di Roma da parte della Raggi ne è forse l’esempio più clamoroso). Ma Salvini, che piaccia o meno, nel caso Gregoretti non ha fatto altro che governare in nome dei cittadini, ed in base ad un programma sottoposto al gradimento degli elettori. Se la sua scelta – a suo dire avallata anche dai 5Stelle, a quel tempo alleati di governo – non fosse stata legittima, chi riceveva l’ordine di non far sbarcare i migranti a bordo della Gregoretti su suolo italiano avrebbe potuto rifiutarsi di eseguire. Risulta anche difficile capire perché oltre che su Salvini non si stia procedendo giudizialmente contro tutti quei soggetti che hanno impedito lo sbarco.