Svolta politico-giudiziaria nel caso di Saman Abbas, la 18enne pachistana scomparsa il 30 aprile scorso a Novellara (Reggio Emilia) dopo essersi ribellata a un matrimonio combinato imposto dalla famiglia.

La ministra della Giustizia Marta Cartabia, ricevuta dagli uffici la traduzione di tutti gli atti della pratica, ha firmato e trasmesso al Pakistan le due domande di estradizione per i genitori di Saman, entrambi indagati per l’omicidio della figlia e ricercati da Interpol a livello internazionale.

Nella giornata di ieri, mercoledì 22 settembre, era stato invece arrestato a Parigi Danish Hasnain, zio di Saman bloccato dalla polizia francese in esecuzione di un mandato di arresto europeo, coadiuvati dai carabinieri del nucleo investigativo di Reggio Emilia che hanno condotto le indagini.

Sarebbe stato lui ad uccidere la giovane 18enne: era infatti ricercato per omicidio premeditato, anche se al momento non è stato ancora ritrovato il cadavere della nipote.

Così come raccontato nelle scorse settimane dal fratello 16enne di Saman durante l’incidente probatorio, a casa Abbas il pomeriggio del 30 aprile ci fu una riunione di famiglia per decidere di far sparire il cadavere della ragazza.

All’incontro erano presenti lo zio Danish Hasnain, considerato l’esecutore materiale del delitto, e un altro parente. Un partecipante, ha spiegato il fratello, “ha detto: io faccio piccoli pezzi e se volete porto anch’io a Guastalla, buttiamo là, perché così non va bene”. Il cadavere di Saman, dopo due mesi di ricerche tra i campi e le serre del Reggiano, non è mai stato trovato, ma secondo i carabinieri e la Procura di Reggio Emilia non ci sono dubbi sul fatto che sia stata uccisa. Decisiva in questo senso la testimonianza del fratello della giovane pakistana che ha accusato lo zio Danish, fino a ieri latitante insieme ad altri tre indagati: un altro cugino e i due genitori della ragazza, tornati in Pakistan il primo maggio.

Il 21 maggio scorso è stato invece fermato in Francia un secondo cugino, Ikram Ijaz, attualmente in carcere. Il suo ricorso al tribunale del Riesame di Bologna è stato respinto e le motivazioni, appena depositate, sono una ulteriore conferma al quadro accusatorio.

Secondo il collegio, presidente relatore Andrea Santucci, è probabile che i due cugini abbiano partecipato con lo zio all’esecuzione materiale del delitto. Nonostante quanto dichiarato da Ijaz, ci sono prove sul fatto che abbia anche lui preso parte alla fase preparatoria, lo scavo della fossa il 29 aprile. E poi la notte del 30 andò con l’altro cugino, Nomanhulaq Nomanhulaq, a casa degli Abbas, partecipando a una sorta di pianto collettivo, ben consci della sorte della giovane. Inoltre, argomentano i giudici, contro Ijaz c’è anche un altro elemento “di fortissima valenza indiziaria” e cioè “la subitanea fuga all’estero”, del 6 maggio.

Intanto proseguono le ricerche da parte dei carabinieri di Reggio Emilia del corpo della ragazza. Pur essendo supportati da unità cinofile, gruppi di volontari venuti da altri Paesi e strumentazioni di precisione, ad oggi non è stata trovata traccia della 18enne.

Redazione

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