Nelle scorse settimane ho partecipato a un dibattito sul confronto e il divario generazionale. C’erano diversi ospiti di diverse generazioni e il tema che ha scaldato tutti gli animi è stato se la Generazione Z è pronta al sacrificio o aspetta la pappa pronta: al solito, i punti di vista si sono estremizzati. Da una parte i non più giovani che dipingevano gli attuali giovani come sfaticati, seduti, in attesa che qualcuno preparasse loro la vita, e dall’altra chi invece sosteneva che spirito di sacrificio ed essere succubi sono due aspetti ben diversi, ma spesso confusi.

Le tesi dei primi iniziavano sempre così: “Ai miei tempi” e poi via con una serie di luoghi comuni o di esperienze vissute, come se la propria vita fosse un campione statistico affidabile o come se un avvenimento (qualsiasi avvenimento) degli anni sessanta o settanta fosse più o meno grave, più o meno importante, più o meno bello. Ai miei tempi c’era la guerra. Ai miei tempi non avevamo i telefoni e stavamo tutto il giorno in giro. Ai miei tempi potevi uscire la sera senza problemi. Ai miei tempi lavoravo già. Ai miei tempi ero già sposato. Ai miei tempi avevo già comprato casa. Tutti fatti o esperienze che sottendono una non troppo velata accusa a chi, in quei tempi, non c’era ancora. Come se il non aver vissuto una guerra sul fronte fosse quasi una colpa, o come se il non poter comprare casa oggi fosse una scelta e non una conseguenza del fatto che i prezzi siano alle stelle, mancano lavori stabili e per fare un mutuo devi avere garanti per almeno tre linee di parentela. Ecco, “ai miei tempi” è una cosa che pone il dibattito su due livelli diversi, uno vero e uno falso per definizione. Ed è anche sbagliato.

La ricerca negli Stati Uniti

Mi viene in soccorso una recente ricerca svolta negli Stati Uniti dal Survey Center on American Life, una sorta di Istat a stelle strisce con il solo scopo di indagare periodicamente diversi aspetti della società americana. La ricerca parte da un assunto semplice e importante: le generazioni (Gen Z, Millennials, X, Boomer) sono caratterizzate da diversi tratti sociali e da profonde caratteristiche (ad esempio, la percentuale di bianchi della GenZ in USA è di circa il cinquanta per cento, mentre nei baby boomers supera il 70%). Questo significa che nell’interazione tra diverse generazioni è più probabile relazionarsi con persone che hanno origini, religioni, orientamenti sessuali e istruzioni differenti tra loro: ovvero, relazionarsi con persone di altre età è complesso e poggia proprio su fondamenti differenti, a prescindere da idee e valori. Essere di origini diverse, avere orientamenti sessuali e religiosi diversi, godere di istruzioni diverse ha un impatto sulla vita di ognuno.

Generazioni a confronto

In sostanza, la domanda da farci non è se la GenZ oggi sia tanto diversa dai Millennials o dai Boomer: è se essere adolescente o un giovane adulto oggi sia diverso dall’esserlo stato in uno specifico periodo nel passato. E così la ricerca prova a dare una risposta a questa domanda, indagando quindi lo stato della Generazione Z oggi comparandolo con le precedenti generazioni, ma in età adolescenziale.
Sono emersi così dati che non solo rispondono a ogni frase che inizia con “ai miei tempi” ma che dipingono un quadro davvero complesso. L’indagine è limitata agli Stati Uniti ma alcuni dati sono facilmente estendibili anche al Belpaese. Ad esempio, emerge come la GenZ è quella che meno frequenta con regolarità funzioni religiose, che meno riesce ad avere un lavoro estivo o part time, che meno ha avuto relazioni di affetto con coetanei e che meno ha bevuto o fumato. La GenZ è anche la generazione che più si sente isolata e sola: gli adolescenti americani sono quelli che, rispetto alle generazioni precedenti, passano meno tempo con amici. E, al contempo, sono la generazione che più inizia percorsi di terapia, cosa rarissima soprattutto tra i Boomers.

Gli episodi di bullismo sono invece rimasti costanti: la differenza però è che ora vedono vittime ragazzi con fragilità più grandi e meno scudi. La GenZ è anche quella meno legata all’orientamento politico dei genitori: se Millennials e X votavano perlopiù i partiti sostenuti dai genitori, ora la maggior parte di loro non si sente rappresentata dai maggiori partiti politici (e in un sistema a due come quello a stelle e strisce potrebbe essere un problema – per i partiti, non per la GenZ). Cala drasticamente la fiducia verso i leader politici, e come biasimarli quando si passa da Kennedy a Trump, vien da dire.

Le differenze tra generazioni

Insomma, analizzando adolescenti e giovani adulti oggi e nel passato si vedono aspetti, temi, relazioni, cause ed effetti molto differenti tra loro. I cambiamenti culturali, sociali, tecnologici, familiari e non solo hanno portato la GenZ ad avere (o subire) esperienze formative molto diverse da quelle delle generazioni precedenti. Esperienze ed eventi che fanno di questa generazione un’età complessa, difficile da comprendere e da semplificare in cluster o ricerche di mercato. Soprattutto, una generazione che non merita di essere confrontata con chi oggi ha qualche anno in più e continua a dire loro che ai suoi tempi era tutto diverso. Perché sì, lo era: ma non vuol dire che essere adolescente oggi sia più facile. Anzi, è più complesso perché il contesto sociale ed economico in cui gli adolescenti di oggi crescono è ben più ingarbugliato di quello in cui sono cresciuti gli adolescenti del passato: e leggere le loro vite con gli stessi paradigmi con cui si legge la propria adolescenza è, semplicemente, sbagliato.