L’Italia delle stazioni ferroviarie ancora in ginocchio, e stavolta nessuna precettazione può salvarla (spoiler: non ha mai funzionato). Lo sciopero Trenitalia iniziato alle 3 di domenica 16, che continuerà fino alle ore 2 di lunedì 17 giugno, passa un po’ in sordina. Non riguarda pendolari ma si abbatte assieme al vero caldo su migliaia di italiani in viaggio sui treni. Un viaggio che non conosce ritorno certo per via del personale della prima compagnia nazionale e di Trenitalia Per, che si è aggiunto a quello di Trenord in Lombardia. A Firenze il blocco ha riguardato in particolare i treni diretti a nord, ma chi è riuscito a scendere a Roma Termini ha avvertito un disagio ben più generale: i binari di quelli in partenza non vengono annunciati fino all’ultimo, viaggiatori fermi con naso all’insù pregando di non leggere la parola ‘cancellato’, a sperare in un segno di vita di quello successivo, bivaccando nella stazione con bagagli pesanti. Turisti ancora più a disagio, perplessi per le procedure di rimborso e cambio treni, ma anche lavoratori e trasferisti che abbandonano le speranze di un ritorno a casa per l’orario di cena.

Il disagio non si limita solo al pomeriggio, ma prosegue, al momento in cui scriviamo anche dopo le 21, le 22. Le partenze che slittano da 5 a 140 minuti, binari vuoti. Qualcuno che lavora c’è: la sofferenza è doppia, mentre anche il Personale Equipaggi Trenitalia Dbr Campania, scegliendo di non lavorare, rivendica migliori condizioni lavorative assieme ai sindacati regionali di Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Ugl Ferrovieri, Fast e Orsa. Fasce orarie di garanzia non ce ne sono, oggi non è il girono dei pendolari, ma dei viaggiatori. I telefoni si scaricano e chi arriva alle poche prese elettriche o ai punti di ricarica non lascia il posto. C’è chi ne approfitta per cenare, cercando magari un po’ di tranquillità: “Tra quanto chiude la cucina?”. Non è solo lo stomaco a preoccuparsi.

E mentre la stazione si spegne, qualcuno, sprovvisto di soluzioni alternative, getta già la spugna: “Se il prossimo non passa dovrò pagarmi un albergo”. Forse una nota positiva c’è: la libreria torna a riempirsi, se non altro per una passeggiata. La lotta dei sindacati continua. Il Ministero c’è quando vuole. Il finale della storia è già scritto, e chi viaggia da tempo lo conosce già: il terzultimo treno non è quello buono, “Cancellato”. Il penultimo è più furbo: annuncia sessanta minuti di ritardo, esattamente quanti ce ne vogliono prima che parta l’ultimo. “Ma se parte da Roma, come fa a portare ritardo? Se non ci sono incidenti annunciati che ritardo è? Chi sta facendo ritardo?”. Giù al binario qualche sbuffo, tanti “vaffa”, ma anche un sospiro di sollievo: si torna casa.

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