Basta osservare che negli ultimi vent’anni abbiamo assistito a un continuo declinare del numero e soprattutto della gravità dei reati, e contemporaneamente a un continuo aumento del numero dei prigionieri. Negli anni 80, quando l’Italia era un Paese violento, con un numero altissimo di delitti – mafia, lotta armata, violenza politica, malavita spietata nelle grandi città – i prigionieri erano poco più di 30mila. Nel 2006, quando per l’ultima volta è stato applicato un provvedimento di clemenza, erano saliti quasi a 60mila, e con l’indulto scesero a meno di 40mila. Poi son tornati a salire, nonostante alcuni leggi tampone per ridurre le carcerazioni brevi.

Alla fine sono arrivati i Cinque stelle, tutti con Travaglio nella bandiera, ed è tornato il forcaiolismo a tutto campo. Leggi costruite per aumentare l’uso del carcere come strumento di governo sociale, e leggi per ridurre i benefici, i premi, le scarcerazioni anticipate, mano libera alla magistratura, specialmente ai Pm.
Un anno fa – come spiega Giovanni Altoprati a pagina 6 – il ministero della Giustizia spiegò al Parlamento che le carceri non erano affollate.

Cinismo, cecità, tutti e due? Recentemente il capo dell’ala reazionaria della magistratura, Piercamillo Davigo, che è anche membro autorevolissimo del Csm, ha detto che il sovraffollamento nelle prigioni non esiste, è solo propaganda. Il problema – dice Davigo – è che è eccessivamente gentile la norma che prevede che ogni prigioniero abbia diritto a tre metri quadrati di spazio. Lui dice che ne bastano due, o forse uno e mezzo. Lo spazio di una branda. Chissà se il papà e la mamma di Davigo, quando era piccolo, lo hanno mai chiuso nello stanzino delle scope!

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.