La proposta
“Subito una nuova legge regionale sulle carceri”, la proposta di Oliviero
Un gruppo di lavoro e la proposta di una nuova legge regionale sulle carceri è l’idea lanciata dal presidente del Consiglio regionale della Campania Gennaro Oliviero nel corso della presentazione dei Quaderni di ricerca, un report sulle carceri campane realizzato dal garante dei detenuti Samuele Ciambriello e dall’Osservatorio regionale sulla detenzione. La proposta riguarda, dunque, un’iniziativa legislativa per rivedere, assieme alla legge regionale 18/2006, il ruolo del garante «per renderlo più incisivo e adeguato». «Chi vive in una condizione di restrizione deve poter vivere nel pieno rispetto della dignità umana», ha sottolineato Oliviero parlando di sanità, formazione e istruzione per i detenuti.
In questo periodo di emergenza pandemica, tra l’altro, la sanità è uno degli aspetti fondamentali. Da circa undici anni quella nelle carceri è gestita dalle Asl a livello regionale. E in quest’ottica si è auspicato che anche la popolazione carceraria sia inserita tra le categorie che dovranno essere vaccinate con priorità: «Vive in condizioni di reclusione, può rientrare tra le categorie a rischio». Il garante Ciambriello, a nome anche degli altri garanti cittadini, ha poi rinnovato il grido di allarme: «Non c’è tempo, l’universo carcere sta esplodendo e la politica deve occuparsi seriamente e correttamente del problema». Le misure finora varate dal Governo si sono rivelate inefficaci: «Il decreto Ristori, che sulla carta ha il fine di limitare nuovi contagi all’interno delle carceri, ha introdotto novità che però modificano solamente la lunghezza delle licenze senza aumentare il numero delle persone che ne potranno beneficiare, prevedono la concessione di permessi premio solo per alcuni reati o la detenzione domiciliare con il braccialetto elettronico, con l’eccezione dei minorenni e di chi ha una pena residua da scontare non superiore a sei mesi».
Troppi paletti, insomma. E un’efficacia limitata, se si considera, come si legge nel report sulle carceri campane, che il numero dei beneficiari è assai esiguo e che negli istituti di pena persistono carenze di spazi e sovraffollamento. Non sono meno allarmanti i dati che riguardano la sfera del mondo penitenziario minorile. Il 17,8% della popolazione regionale è composta da ragazzi fra i 12 e i 18 anni, e secondo lo studio condotto da garante e Osservatorio sulla detenzione, ogni anno in Campania sono 5mila i giovanissimi che vengono fermati, identificati, riaffidati ai genitori, denunciati, condotti in comunità o sottoposti alla messa alla prova.
Nel 2020 sono stati 315 i ragazzi presi in carico per la prima volta dagli uffici del servizio sociale per i minorenni, 662 sono quelli in carico da più anni: in totale sono 977 in Campania. Da gennaio a ottobre 2020, seppure con trend altalenanti, il numero dei ragazzi minorenni finiti in carcere si è attestato sulla quarantina: 41 ragazzi sono reclusi attualmente a Nisida, 20 ad Airola. I giovanissimi reclusi si dividono tra coloro che hanno dai 14 ai 18 anni di età, e quelli cosiddetti giovani adulti, dai venti ai 24 anni.
Il Covid, nel frattempo, ha imposto di rivedere non soltanto i criteri della detenzione, la garanzia della sanità, la gestione degli spazi ma anche una diversa attenzione ai diritti dei detenuti quanto a sentimenti e affettività. «In molti istituti della Campania – si legge nel report – sono state create delle aree verdi per dar modo ai detenuti di incontrare mogli, figli, genitori, ma questi spazi vengono usati solo qualche volta, per di più sulla base del già citato criterio di premialità che costituisce un approccio sbagliato al problema». «L’affettività nelle carceri della Campania e del resto del Paese – spiega Ciambriello, evidenziando necessità di interventi anche strutturali, come da quelli da anni finanziati e non ancora avviati a Poggioreale – dovrebbe essere considerato un tassello fondamentale del trattamento, e invece è sempre più spesso mortificata».
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