Prima l’aumento dl costo dei carburanti che continua a salire, ora gli scaffali vuoti e la spesa razionata. Cosa sta succedendo nei supermercati italiani? La notizia dello sciopero degli autotrasportatori ha mandato completamente nel panico gli italiani che subito sono corsi ai ripari prendendo d’assalto gli scaffali di farina, acqua, mele, latte a lunga conservazione, olio, pasta e beni di prima necessità e a lunga conservazione.

“È psicosi guerra – dice in un video un signore napoletano mostrando gli scaffali vuoti del supermercato – il comparto pasta a Napoli non c’è più. Pazzesco, tutta la pasta non c’è. Hanno fatto approvvigionamento da scaicalli. Ci sono solo farfalline e stelline”. In alcuni supermercati sono comparsi anche i cartelli che spiegano che la spesa va razionata: “Per assicurare l’approvvigionamento ed evitare speculazioni, abbiamo dovuto contingentare l’acquisto delle seguenti merceologie: farina, massimo 5 kg, olio di semi, massimo 5 lt, pasta di semola, massimo 10 kg”. In pratica ogni cliente non può comprarne in quantità superiore.

In questo scenario si assiste a un drammatico rincaro dei costi degli alimenti. Per esempio una bottiglia di olio di semi di girasole in una settimana è passata da 1,20 euro a 2,40 euro. Ed è questo uno dei prodotti di cui Russia e Ucraina sono i maggiori produttori al mondo. Più cari pasta, pane ma anche frutta e verdura. Tutto aumenta in media dal 15 al 30%. Un pacco di pasta è passato da 0,45 euro a 0,65. E nei prossimi giorni potrebbe arrivare a 0,85 euro.

Come se non bastasse anche il freddo che continua negli ultimi giorni contribuisce a rendere sempre più difficile reperire ortaggi e frutta. Così due insalate ora costano 1,50 euro invece di un euro e le melanzane sono arrivate addirittura da 1,20 euro al chilo a 2,50 euro al chilo. Mentre le mele da 1,40 euro a 1,60 euro. E il pensiero va anche al rincaro delle bollette che rende il tutto ancora più complicato. E così le famiglie comprano solo il necessario.

Rincari anche per la carne. Il pollo è diventato difficile da reperire: una confezione di pollo da 2,30 euro ora costa 4,80 euro. Senza mais da Ucraina e Ungheria (i due principali fornitori dell’Italia), le aziende che producono mangimi hanno scorte solo per 8 settimane. Che in soldoni significa che, a meno di pagare una bistecca il 20% in più di quanto già non la si paghi, molti italiani potrebbero ritrovarsi a dover rinunciare alla carne.

L’allarme lo lancia Cia-Agricoltori Italiani, che trova l’unica alternativa alla crisi della materia prima alla base delle diete di tutti gli animali da stalla nell’import immediato da Usa e Argentina. Ma questo ha, appunto, rilevanti costi di logistica che aumenteranno il prezzo del mais, arrivato oggi a 41 euro al quintale (+100% su 2021).

Dopo lo stop dell’Ucraina arrivano preoccupazioni anche dall’Ungheria dove Orban ha temporaneamente bloccato l’export, dando allo Stato ungherese il diritto di prelazione sulle merci in uscita. Oltre al mangime per animali che in In Italia non è abbastanza, c’è anche il fatto che non si produce abbastanza mais. l’Italia si trova particolarmente esposta alle crisi internazionali e sconta la forte dipendenza dalle importazioni di mais dai Paesi dell’Est Europa, che hanno costi di produzione decisamente minori.

Tornando all’olio di semi, secondo l’Assitol (Associazione italiana dell’industria olearia), le scorte di olio estratto dai semi di girasole potrebbero finire entro la fine del mese. Un problema che ricadrebbe su molti prodotti che vengono lavorati con l’olio di semi di girasole, tra cui biscotti, condimenti, conserve, sughi e in alcuni casi anche la pasta. Circa il 60% della produzione mondiale di olio di girasole arriva da Russia e Ucraina.

Il 20% delle importazioni nell’Ue di grano, compresa l’Italia, arriva dall’Ucraina. Ma a riguardare il nostro Paese sarà in generale il problema cereali (tra cui anche il mais) che così rischierebbero di non arrivare più. E con loro anche segale, miglio, sale, zucchero e carne che non potranno uscire più dall’Ucraina fino alla fine del 2022, secondo Reuters.

Sul fronte pesce, da alcuni giorni i pescherecci di diverse marine italiane sono fermi: anche loro protestano per l’aumento dei prezzi dei carburanti. Il pesce italiano potrebbe quindi diminuire nelle pescherie e nei supermercati. E in tutto questo i costi aumentano ma i salari sono sempre gli stessi.

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Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.