I costi dei carburanti erano già alle stelle ma i prezzi continuano a salire senza sosta. Secondo i dati raccolti raccolti da Quotidiano Energia, comunicati dai gestori dell’Osservaprezzi carburanti del ministero dello Sviluppo economico, il prezzo medio nazionale praticato della benzina al servito cresce a 2,154 euro al litro e in modalità self service vola a 2,048 euro al litro, con alcuni marchi compresi tra 2,039 e 2,076 euro al litro (senza logo a 2,013).

Mentre, la media del diesel servito viaggia verso i 2,1 euro al litro e nella modalità self service si avvicina ai 2 euro, già raggiunti in alcuni distributori: per l’esattezza, sale a 1,966 euro al litro, con le compagnie posizionate tra 1,932 e 2,040 euro al litro (senza logo a 1,955 euro).

Anche il Gpl registra prezzi praticati in rialzo: vanno da 0,863 a 0,883 euro al litro (0,861 euro senza logo). Infine, il prezzo medio del metano auto è in crescita e si posiziona tra 1,901 e 2,077 (no logo a 2,062 euro). Le compagnie hanno dovuto, quindi, adattare i prezzi: Eni sale di 8 centesimi su benzina e diesel, Q8 e Tamoil salgono di 6 cent sulla verde e di 8 cent sul diesel, mentre IP sale di 5 cent sulla benzina e di 8 sul diesel.

Perché è aumentato il prezzo della benzina

La flessione verso l’alto del costo della benzina è legata alla situazione della guerra in Ucraina ma anche precedentemente il costo aveva iniziato a salire. Per sette sedute di seguito le quotazioni dei prodotti petroliferi in Mediterraneo hanno chiuso in forte crescita. A spingere la quotazione dei mercati petroliferi è stato l’annuncio dell’embargo da parte di Stati Uniti e Regno Unito sui prodotti energetici provenienti dalla Russia che 14 giorni fa ha iniziato l’invasione dell’Ucraina. Quindi il blocco di tutte le importazioni.

“Mettiamo al bando ogni import di petrolio russo, con il supporto completo del Congresso – ha detto Joe Biden, presidente Usa – Colpendo la maggiore arteria dell’economia russa, il popolo americano darà un altro potente colpo alla macchina da guerra di Putin”. Dunque anche in Europa si fa sentire il rialzo delle materie energetiche: oltre al petrolio la decisione di Biden riguarda anche il gas naturale liquefatto e il carbone. Per l’America è un gesto simbolico ma in realtà potrebbe intensificare le flessioni inflazionistiche dei mercati.

L’aumento dei prezzi non è dunque attribuibile solo allo scoppio della guerra. Tutto è iniziato prima della guerra a causa delle difficoltà a reperire il greggio da parte delle raffinerie. Infatti l’Europa dipende prevalentemente dal gas proveniente dalla Russia, ma l’Italia importa il petrolio anche da paesi come Algeria, Libia e Azerbaijan.

“Il motivo di questo corto inizialmente era legato alla pandemia, ma anche le disposizioni che sono cambiate in relazione all’uso dei carburanti per le navi ha influito – ha spiegato Azzurra Pacces di Staffetta Quotidiana al Corriere della Sera – alla fine del 2019 l’Imo (Organizzazione marittima internazionale) ha stabilito che le navi dovessero andare non più a olio combustibile ma con il gasolio molto pulito, con poco zolfo. Le regole sono entrate in vigore parallelamente all’aggravarsi della pandemia, perciò il mercato non ne ha risentito sul momento. I rincari – e quindi l’avvicinamento del prezzo del diesel a quello della benzina – sono iniziati con la riapertura dei trasporti e dei viaggi dovuta alla campagna vaccinale”.

Tutto questo poi è peggiorato con la guerra in Ucraina e l’annuncio delle sanzioni alla Russia. Poi “è diventato sempre più complicato reperire il greggio e i prodotti russi, dato che le banche – almeno prima che molte compagnie decidessero di non fare più affari con Mosca – non asseveravano questi carichi e non davano le lettere di credito, bloccando di fatto l’export”, ha concluso Pacces.

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Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.