Le difficoltà
Terre rare e diritti minerari: una prassi tutta africana

In Mali, all’indomani dei due colpi di Stato militari del 2020 e del 2021, l’arrivo dei mercenari russi della Wagner a sostegno della sicurezza del Paese fu saldato principalmente con diritti di sfruttamento delle sue principali miniere d’oro, di cui è il secondo produttore continentale; analogo sfruttamento, disciolta la Wagner, viene proseguito oggi nei giacimenti auriferi di Balandougou, Kokoyo e Yanfolila, ed in altre miniere artigianali nella regione di Gao, a beneficio delle truppe russe denominate Africa Corps, sotto il controllo diretto del Ministero della Difesa di Mosca. A farne le spese, oltre alle società francesi non gradite alla Giunta militare, è soprattutto la canadese Barrick Gold, che vanta precedenti accordi commerciali, e a cui il Governo maliano è intenzionato a ridurre i diritti minerari, in favore dei partner russi.
Sulla stessa lunghezza d’onda si è collocato, dopo il colpo di Stato militare del 2022, il Burkina Faso: il sostegno di Mosca per la sicurezza del Paese, prima assicurato con la Wagner e poi con l’Africa Corps, ha corrisposto ad un accresciuta presenza della società estrattiva russa Nordgold, la quale controlla direttamente 4 delle 17 zone minerarie aurifere burkinabè, ed ha una serie cospicua di società affiliate, operanti anche in altri settori minerari del Burkina (litio, zinco, manganese etc.). Peraltro, gli accresciuti diritti di sfruttamento a beneficio delle società russe nei Paesi della regione del Sahel non sono andati di pari passo finora con un miglioramento nel settore nevralgico della sicurezza, visto che secondo il Global Terrorism Index, nel 2024 più della metà delle vittime mondiali del terrorismo (3.885 persone su un totale globale di 7.555) è caduta proprio negli Stati a sud del Sahara, malgrado i Governi militari al potere, ed i mercenari di Mosca pagati con le risorse minerarie locali. Fra i Paesi più colpiti dal terrorismo figurano infatti Burkina Faso, Mali, Niger, Guinea e Ciad, tutti retti da Giunte golpiste.
Quando si parla delle crescenti difficoltà e dell’arretramento dell’Europa in Africa, va tenuto anche conto del fatto che la vendita di armi a Paesi in guerra nel Continente africano è sottoposta nei 27 membri dell’Ue ad una serie stringente di limitazioni e controlli, che la rendono di fatto impossibile attraverso i canali ufficiali; ed altresì che transazioni così spregiudicate fra armamenti, truppe mercenarie e diritti minerari non sarebbero ammissibili agli occhi delle nostre opinioni pubbliche e dei nostri Parlamenti, a meno di una radicale marcia indietro dei principi fondanti delle nostre democrazie.
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