Dalla candidatura flop di Truzzu alla sospensione disciplinare del generale Vannacci, il menu delle tensioni in maggioranza si arricchisce di giorno in giorno. Non si posano ancora le polveri della Sardegna e subito si alzano quelle sul generale e sulla sua candidatura in quota Lega, malvista in generale e soprattutto tra i leghisti. Tranne che per Salvini che ha già i suoi guai. Interni e di coalizione. La diga del governo sta mostrando crepe. Le elezioni in Abruzzo il 10 marzo saranno importati: una seconda sconfitta del destracentro, al momento assai improbabile, sarebbe devastante. Ben prima delle Europee. Vannacci, si diceva. Ieri mattina lo Stato maggiore della Difesa ha informato che il generale è stato sospeso per undici mesi, provvedimento disciplinare conseguente all’inchiesta avviata lo scorso autunno dopo la pubblicazione del libro best seller “Un mondo al contrario”. Libro che, secondo la speciale Commissione interna, “denota carenza di senso di responsabilità e determina una lesione al principio di neutralità/terzietà delle Forze armate”. Non solo: quel libro “compromette il prestigio e la reputazione dell’amministrazione (l’Esercito, ndr) e ingenera possibili effetti emulativi dirompenti e divisivi nell’ambito della compagine militare”.

Parole durissime, senza appello. A cui Salvini ha reagito malissimo: “Un’inchiesta al giorno, siamo al ridicolo, ma quanta paura fa il Generale?”. Il problema è che questa volta l’accusa di “ridicolo” il vicepremier l’ha spedita al ministro della Difesa Guido Crosetto, fedelissimo della premier. La sospensione infatti è una decisione tecnica, interna alla Difesa e non riguarda la magistratura. Lo scontro, quindi, questa volta e per la prima volta, è tutto interno alla maggioranza che finora aveva taciuto anche con qualche imbarazzo la simpatia esplosa tra Salvini e il generale. Il ministro Crosetto, ieri alla Camera per il question time su Ucraina, spese militari e scenari bellici ha fatto un bel respiro e ha spiegato “ai non pratici della materia che si tratta di procedimenti partiti mesi fa, che procedono in modo automatico e totalmente estranei all’autorità politica”. Il ministro ha invitato “a commenti più appropriati”. Qualunque riferimento a Salvini era voluto. “Nell’attesa – ha chiosato Crosetto – io avrò continuato a porgere l’altra guancia e le avrò consumate entrambe”.

Oltre al procedimento disciplinare il generale Vannacci è indagato dalla procura di Roma per incitazione all’odio razziale. A suo carico anche un altro procedimento – parallelo tra magistratura ordinaria e magistratura militare – per truffa in relazione alle spese sostenute quando è stato incaricato per gli affari militari a Mosca tra febbraio 2021 e maggio 2022. Indennità familiari, auto di servizio, cene di rappresentanza: i conti non tornano. Salvini però può stare sereno: il generale non ha alcun impedimento a candidarsi. “Ringrazio Salvini per la vicinanza e il sostegno pubblico ma non ho ancora sciolto la riserva”, ha ripetuto ieri. Mentre il suo avvocato evocava addirittura Galileo: “Anche lui fu processato per le sue idee”. Un circo Barnum che non piace affatto ai leghisti molto scettici rispetto alla presenza del generale nelle liste per le Europee. Vannacci sarebbe l’esca per quell’elettorato identitario, un po’ razzista, di destra che il vicepremier spera di sfilare a Meloni e alzare un po’ il consenso.

Ormai il fronte delle critiche interne ha abbandonato i toni felpati dei mesi scorsi e sta uscendo allo scoperto. L’esito del voto in Sardegna ha tolto la sordina. Adesso parlano i governatori. Il potente e amato Luca Zaia, da sempre spina nel fianco del segretario che ne soffre la popolarità, ha acceso la miccia con quella che (a posteriori) è stata derubricata a “battuta fuori contesto”. Intanto però l’ha detta. “Mi piaceva di più la Lega Nord, anzi, la Liga”, ha detto Zaia. Che ha aggiunto: “Spero la Lega diventi sempre più un partito labour alla Tony Blair”. Non esattamente un punto di riferimento delle destre europee. Meno che mai un partito che perde tempo con le questioni di genere. Lgbtq+, gli immigrati e la cancel culture. Che sono importanti ma la costituency della Lega è stata ben altro, assai più concreto: il lavoro, le infrastrutture, fare molto e chiacchiere meno, un paese di lavoratori e non di influencer. Salvini è sotto accusa anche perché è fallito il progetto della “Lega nazionale con Salvini premier” e come diceva ieri l’ex ministro Roberto Castelli “la sua parabola è finita”. “Il 34% delle scorse europee era per Salvini, non per la Lega. Adesso però il segretario si ritrova senza un progetto, ha la stessa identità politica di Meloni, un doppione senza prospettiva”. Persino un fedelissimo come il governatore Fontana ieri ha ammesso: “Se i problemi sono strutturali, occorre fare qualche ragionamento”.

Il congresso della Lega è tecnicamente aperto. Nonostante la blindatura imposta del vicepremier. Anche perché lo chiedono i militanti. A Treviso, roccaforte leghista, sabato scorso un’assemblea di 500 militanti ha chiesto “un nuovo segretario federale. Abbiamo il fiato corto”. C’è anche chi ha chiesto una nuova linea politica. L’assessore regionale Federico Caner avrebbe detto in assemblea: “Si deve togliere il nome di Salvini dal simbolo”. Applausi. Risentito sul punto ha precisato: “Ciò che dovevo dire l’ho detto in assemblea”. Quando si dice la disciplina di partito. Gente seria quelli della vecchia Lega. Si attendono le Europee per chiedere ufficialmente il congresso. Che poi Salvini il problema ce l’ha soprattutto con le liste. Sono 18 gli eurodeputati leghisti. Se va bene, ne torneranno 8/9. A parte un paio di donne (Tovaglieri e Sardone), Salvini non sta proteggendo nessuno. Non per cattiveria. Perché non può, al massimo ne riesce a blindare 2/3. Se tra questi ci sono new entry acchiappavoti come Vannacci, si capisce perché gli altri, condannati alla dimenticanza, non la stiano prendendo bene. A chi dice che le indagini su Vannacci sono lo spin migliore per la campagna elettorale del generale e della Lega, non ha capito che il problema stavolta è serio e profondo. Alle radici.

Avatar photo

Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.