Un fantasma aleggia nel teatro dell’opera della lista di scopo europeista. Si chiama Totò Cuffaro. L’ex governatore siciliano, condannato per favoreggiamento alla mafia, ha scontato la sua pena ed è tornato soggetto attivo della politica, con qualche successo e non pochi imbarazzi. La sola evocazione del suo nome provoca silenzi, sguardi accigliati, sopracciglia inarcate. Il Riformista gli ha posto qualche domanda sul suo posizionamento per le Europee. Ed oltre.

Che cos’è la sua nuova DC?
«Non è altro che la continuazione storica e ideale della Democrazia Cristiana che è ripartita dalla Sicilia, così come era partita tanti anni fa, con Don Sturzo e il suo partito popolare. Abbiamo risvegliato un sentimento che era sopito ma non scomparso nel cuore e nella testa delle persone in Sicilia. E ha funzionato. Oggi siamo un partito a doppia cifra con oltre 400 consiglieri comunali in tutta la Sicilia.
Quanti sono gli elettori che può muovere con la Nuova Dc?
«Con l’ultima elezione regionale, due anni fa, abbiamo mosso 140mila elettori. Adesso dopo due anni di lavoro, di sacrificio, di congressi fatti in tutti i Comuni abbiamo fatto il congresso nazionale: siamo anche nel più piccolo comune siciliano, il più sperduto di mille abitanti. Abbiamo rimesso in piedi non solo un’idea, ma anche un metodo: quello di riunire le persone, farle tesserare e portarle a votare. Pensiamo in Sicilia di muovere 250.000 voti.

Non sono pochi. E anzi farebbero gola a tanti…
«A livello nazionale sono almeno l’1% dei consensi. Tornano utili ovunque e alle Europee sono indispensabili nel collegio delle Isole. Ma ne muoviamo un po’ ovunque in Italia: siamo presenti nel Lazio, in Toscana, in Umbria dove abbiamo il vice presidente nazionale Sergio Marini, ex presidente di Coldiretti. Siamo più forti di quello che si pensa anche in Emilia-Romagna dove c’è Giampiero Samorì, in Veneto, in Piemonte dove stiamo presentando la lista per le Regionali…»
Ho capito, va bene. Non me ne dica più. Voi ci siete. Ma ci sono anche altre Dc. Non so più quante.
«Ne esiste più d’una, ma io dico che la Dc non è di chi crede di possederla: è degli elettori che la votano. E a me non risultano altre liste Democrazia Cristiana oltre a quelle che presentiamo noi. Detto questo, noi stiamo facendo una operazione con animo e cuore. E le persone che fanno campagna elettorale con noi ci mettono passione, partecipano. Mi auguro con tutto il cuore che ci siano più liste che si richiamano ai nostri valori, e d’altronde il popolarismo poi sa convergere verso un centro».
Oggi è a Roma per incontrare gli esponenti della lista Stati Uniti d’Europa?
«No, vengo per incontrare Matteo Renzi. Con gli altri non ho rapporti, non mi hanno mai chiamato, non li ho mai cercati. E non mi interessa tanto il progetto Stati Uniti d’Europa ma quello di dare il nostro contributo alla costruzione di un Centro. Un progetto diverso da quello con i radicali di Emma Bonino che speriamo di sviluppare in futuro, anche dopo le Europee».

Va bene ma adesso si sta costruendo la lista europeista, lei ne fa parte o no?
«Oggi Renzi ha deciso di allargare il perimetro del centro e di partecipare alla lista di scopo. Non è il mio approdo ideale, vedremo se c’è spazio e a quali condizioni».
Le ribalto la domanda: a quali condizioni entrereste?
«Se c’è anche il nostro simbolo insieme a quello degli altri partiti. C’è il Psi? E allora mettiamo pure la Nuova Dc con uguale dignità rispetto agli altri».
Mi porto avanti: se la lista Stati Uniti d’Europa dicesse no?
«Non ci saremo. Ringrazierò Renzi per il ragionamento sulle ipotesi di lavoro del Centro e tornerò a organizzare il mio partito e i miei elettori. Aspetteremo un’altra occasione. Però… »
Però?
«Però io credo che questa nostra percentuale di elettori metterebbe al sicuro il risultato degli Stati Uniti d’Europa e io non capisco perché pregiudizialmente debba esserci una indisponibilità a mettere il nostro simbolo. Vogliono negare la storia di un partito popolare e cattolico?».
Ognuno ha la sua storia. Lei ha avuto rapporti con Cosa nostra, ne ha ancora?
«Io non ho mai avuto nessun rapporto con la mafia. Posso dire in cuor mio che non ho mai favorito la mafia. Sono stato condannato e ho espiato la mia pena, con rispetto per le istituzioni e per la giustizia che ha ritenuto di condannarmi. Ma ribadisco: non ho mai avuto rapporti con nessun mafioso».

Calenda dice “Mai con Cuffaro”.
«E io dico: mai con Calenda. Se lui volesse venire con me, io non andrei mai con lui. È complicato mettere insieme il diavolo e l’acquasanta».
Ma chi è il diavolo? Calenda?
«No, no. Essendo assodato che Calenda è ‘l’acqua santa’, a me non resta che essere il diavolo. Povero me! Il danno e la beffa. Il danno degli insulti e la beffa di finire all’inferno. Anche dall’inferno continueremo con passione a fare democristiani e a rispettare tutti a cominciare da lui e dalle istituzioni».
Lei qualche girone infernale l’ha già attraversato, e ha pagato.
«Ho espiato la mia condanna per intero con grande rispetto delle istituzioni che mi hanno condannato e della giustizia e seguito un processo di rieducazione e di socializzazione. Sono stato riabilitato. Ed è la più grande vittoria dello Stato e della giustizia, che come dice l’articolo 27 della Costituzione ha anche il compito di rieducare le persone».
Adesso è caduta l’interdittiva elettorale. Cioè lei potrebbe candidarsi, anche alle Europee?
«Certo, potrei ma non voglio candidarmi, voglio aiutare un progetto ampio e fare largo ai giovani, coltivare una nuova classe dirigente, non voglio correre io personalmente».
Se potesse fare un nome per il capolista al Sud, indicherebbe Marco Zambuto, il fidanzato di sua figlia?
«No, indicherei Matteo Renzi. Un uomo moderato, un centrista. E se non vuole candidarsi sbaglia, perché Matteo è un valore aggiunto nei confronti di tutti gli elettori. Stiamo costruendo con lui un’alleanza in diverse città. A Gela, dove si vota per un Comune che ha quasi 100.000 abitanti, Nuova Dc e Italia Viva sono insieme».
I Matteo in Italia sono due. Renzi e Salvini. So che ha simpatie per entrambi, come la vecchia politica dei due forni…
«È vero, stimo e apprezzo molto anche Salvini. In Sicilia ho un ottimo rapporto con il suo uomo, Luca Sammartino. Con lui stiamo facendo tante cose insieme e c’è un rapporto politico che stiamo portando avanti. Se Renzi non volesse darci l’agibilità politica di inserire il nostro simbolo insieme con il suo, sì, potremmo pensare di fare ragionamenti diversi, ecco».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.