In Campania il trasporto pubblico è un disastro, su ogni fronte. Poche corse e quasi mai puntuali, autobus vecchi che non rispettano l’ambiente, quasi assente l’uso dei sistemi di infomobilità e società che investono poco e registrano un alto rischio di credito. Il risultato? La regione amministrata da Vincenzo De Luca, insieme con Lazio e Sicilia, detiene il triste primato di cittadini insoddisfatti per i servizi erogati dal trasporto pubblico locale (tpl). E fa peggio Napoli: è l’area metropolitana con i passeggeri più scontenti d’Italia. Tra ritardi e cattiva gestione, il Mezzogiorno arranca e non riesce a stare dietro alle performance delle regioni del Nord che viaggiano su altri binari e a un’altra velocità.

A rivelarlo è un’indagine firmata dalla Banca d’Italia. «Nel nostro Paese la qualità percepita del tpl è significativamente inferiore rispetto ai centri urbani delle altre principali economie dell’Unione europea – spiegano Sauro Mocetti e Giacomo Roma, gli autori dello studio – In Italia, il Centro e il Mezzogiorno si caratterizzano per livelli di soddisfazione significativamente inferiori a quelli delle regioni settentrionali. E anche i dati oggettivi confermano tali evidenze». Il primo dato riguarda le società che gestiscono il trasporto pubblico locale e le caratteristiche degli operatori che sembrano giocare un ruolo rilevante. Oltre il 70% di questi operatori ha partecipazioni pubbliche, quasi sempre di controllo.

Più di una società su dieci ha un utile di esercizio negativo e la proporzione aumenta se si parla del Mezzogiorno: una su quattro, mentre è prossima allo zero per quelle che gestiscono il servizio nelle regioni settentrionali. Un’altra peculiarità tutta meridionale riguarda l’affidamento del servizio di trasporto: nella maggior parte dei casi avviene senza un confronto competitivo ed è oggetto di proroga. Spesso, però, questi affidamenti diretti o in house incidono negativamente sull’efficienza delle società che gestiscono il servizio. Al Sud, infatti, queste ultime hanno, rispetto alle altre, una minore profittabilità, un rischio di credito più elevato, una maggiore incidenza del costo del lavoro (che tipicamente viene considerato come indice di bassa efficienza operativa) e presentano una propensione agli investimenti più contenuta. E proprio la scarsa propensione a investire, porta sulle strade del Sud autobus vecchi e inquinanti.

Con riferimento all’anzianità del parco mezzi, secondo i dati dell’Asstra (Associazione nazionale delle aziende di trasporto pubblico locale), nel 2018 l’età media del parco autobus in Italia era pari a 12,3 anni. Secondo i dati dell’Istat, circa il 54% dei mezzi in circolazione erano di classe ambientale uguale o superiore a Euro 5 a fronte di quasi il 3% di mezzi altamente inquinanti; percentuali che, nel Mezzogiorno, erano pari rispettivamente al 46 e al 6%. L’inaugurazione di 13 autobus a metano dell’Anm, annunciata ieri dal sindaco napoletano Luigi de Magistris, rappresenta un segnale positivo. Resta il fatto, però, che al Sud gli investimenti per il trasporto sono scarso, come confermano i dati relativi alla spesa per abitante: nel Mezzogiorno è pari a 91 euro, meno della metà rispetto al Centro e al Nord. L’analisi degli stessi numeri porta a una lettura dei divari territoriali completamente diversa se la spesa viene rapportata al numero di passeggeri e non di abitanti.

Nel Mezzogiorno si spende più di 1,40 euro per passeggero contro i circa 80 centesimi al Centro e al Nord. Il dato mette in luce come nel Meridione esista sia un problema di risorse pubbliche che un problema di domanda che rende poco remunerativo il servizio. L’indagine arriva fi no ai giorni nostri: la pandemia e la limitazione della mobilità hanno ridotto l’utilizzo dei mezzi di trasporto dell’80%, a fronte di cali più contenuti nel periodo estivo, ma nelle ultime settimane gli spostamenti sono ancora diminuiti attestandosi intorno al 50%. Per far fronte al virus, il Governo ha adottato misure straordinarie e ieri è stata presentata una bozza del Recovery Plan: dei 221,5 miliardi previsti, circa 25 saranno destinati ai trasporti. Sui criteri di spesa, ecco il monito che arriva dal dossier di Bankitalia: «Gli investimenti dovrebbero essere accompagnati da interventi di riforma che garantiscano la trasparenza e la concorrenzialità degli affidamenti – concludono Mocetti e Roma – al fine di individuare il soggetto in grado di fornire il servizio alle migliori condizioni».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.