Ieri Marco Travaglio ha scritto un lungo articolo, sul suo giornale, con l’obiettivo, del tutto legittimo, di danneggiare la candidatura di Giuliano Amato al Quirinale. Molte perfidie su Amato. Alcune vere, alcune discutibili, alcune non vere. Soprattutto una. Scrive testualmente in prima pagina: “Appena giunto al governo, Amato non fa nulla per bloccare la trattativa Stato mafia avviata dal generale dei Ros Mario Mori.” In realtà Mori non ha mai condotto nessuna trattativa con la mafia.

Effettivamente alcuni Pm di Palermo negli anni scorsi hanno ipotizzato che in quegli anni (nella fattispecie stiamo parlando del 1992) si svolse una trattativa tra lo stato e la mafia. Condotta da Mori. E questa loro ipotesi fu appoggiata in modo formidabile da varie Tv e giornali, che con campagne martellanti cercarono di influenzare i processi che si tennero e che videro per imputato proprio il generale Mori. Il quale è stato accusato di inconfessabili trattative e addirittura di attentato al governo in tre diversi processi. Mori ha vinto tutti i processi. I magistrati hanno perso tutti i processi. Le Corti – come comunque aveva già fatto la storia – hanno confermato che Mario Mori, tra gli esseri viventi, è quello che ha ottenuto più di tutti nella lotta senza quartiere che ha condotto contro la mafia. E che lo ha portato, tra l’altro, a decapitare i feroci corleonesi con l’arresto di Totò Riina.

Ciononostante, va detto, molte trasmissioni televisive hanno continuato a battere sulla trattativa. Recentemente, prima dell’ultima sentenza di assoluzione di Mori, è stata addirittura la Tv di Stato a mandare in onda un programma con il quale, probabilmente, riteneva di poter influenzare la Corte d’assise d’appello di Palermo e ottenere una condanna di Mori. Obiettivo fallito: Mori di nuovo assolto. E non risulta che, al momento, la Tv di Stato abbia realizzato una trasmissione di riparazione. Aspettiamo fiduciosi. Naturalmente è possibile che Marco Travaglio non si sia accorto di questi avvenimenti e che le righe che ha scritto ieri siano solo il risultato di un clamoroso errore giornalistico. Do per scontata questa ipotesi perché mi rifiuto di credere alla malafede. Volevo solo segnalare ai più giovani – da vecchio quale ormai sono da tempo – che qualche anno fa per un errore giornalistico di queste dimensioni succedeva un pandemonio.

Nel 1982 l’Unità pubblicò un articolo in prima pagina nel quale sostenne che c’era stata una trattativa Dc-camorra, condotta addirittura da un ministro, per ottenere la liberazione di un assessore democristiano napoletano che era stato rapito dalle Br. L’Unità però non aveva le prove. E anzi pubblicò un documento di accusa che si rivelò falso. Successe il finimondo, perché in quegli anni molti erano convinti che i giornali avessero il dovere di pubblicare solo notizie vere. Si dimise il direttore del giornale, si dimise il vicedirettore, si dimise il redattore capo, si dimise persino il numero 2 del Pd, il vice di Berlinguer.

Il capogruppo del Pci alla Camera chiese pubblicamente scusa, a nome dell’Unità, intervenendo in Parlamento. Pensate quanto tempo è passato. L’errore di Travaglio è molto simile a quell’errore che fu commesso dall’Unità. Forse anche più grave. La differenza è piccola piccola e sta tutta nel Dna del giornalismo, che è cambiato. Allora il giornalismo era una cosa seria ed era una delle colonne della vita civile e della democrazia. Oggi no. È diventato un “Fatto”.

Avatar photo

Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.