È notte fonda quando a Ercolano un uomo spara e uccide due giovani che erano fermi in auto fuori la sua abitazione. Un evento che ha riacceso i riflettori sulla questione della legittima difesa e della detenzione delle armi. Per questo il presidente di +Europa Riccardo Magi aveva presentato un’interrogazione parlamentare rivolta alla numero uno del Viminale chiedendo di intervenire sulla normativa vigente. Ieri il sottosegretario di Stato al Ministero dell’interno Nicola Molteni ha risposto all’interrogazione con risposta immediata, ma di fatto, ha affermato che la giurisprudenza così com’è va bene e che non c’è nessuna urgenza di intervenire per modificarla.

«Il quesito coinvolge due questioni, quella dell’assetto normativo della legittima difesa e quello della disciplina relativa alla detenzione e circolazione delle armi da fuoco – ha detto Molteni – circa il primo aspetto, la materia della legittima difesa è stata oggetto di vari interventi del legislatore, il più recente dei quali realizzato con la legge n. 36 del 2019. Le più recenti linee giurisprudenziali, e in particolare quelle della Corte di Cassazione hanno chiarito che il nuovo tenore della legittima difesa rientra senza rotture nel solco della tradizionale configurazione dell’istituto». Il punto, però, non è se la norma vigente sia o meno in linea con la giurisprudenza. «Il nodo non è la giurisprudenza della cassazione, ma l’effetto di quel tipo di comunicazione, rispetto al contenuto della legge, sui detentori delle armi – commenta Riccardo Magi – Stiamo parlando della percezione che hanno i detentori delle armi rispetto alla nuova norma: è passato un messaggio sbagliato e cioè che la difesa è sempre legittima. I cittadini non conoscono la giurisprudenza ma hanno ricevuto un messaggio forte e ingannevole».

Magi, aveva sollecitato un’inversione di rotta sul tema della legittima difesa in modo tale da evitare il ripetersi di episodi di violenza gratuita come quello che ha sconvolto Ercolano: «È incontestabile che l’interpretazione, diffusa ma errata, della nuova normativa costituisca un problema di ordine pubblico e che molti cittadini si sentano legittimati all’uso delle armi, anche in virtù della nuova formulazione legislativa, arrivando a uccidere – conclude il parlamentare – Chiedo se, anche alla luce dei dati più recenti a sua disposizione, la ministra dell’Interno non ritenga di promuovere in seno al Governo un’iniziativa volta a modificare la normativa vigente al fine di limitare la circolazione delle armi da fuoco».

E la circolazione delle armi da fuoco è la seconda questione alla quale ha risposto il sottosegretario Molteni: «Il sistema italiano di controllo sulla fabbricazione, commercializzazione e detenzione di armi da fuoco è oggetto di una disciplina puntuale e ispirata a criteri di massima tracciabilità e sistematico controllo – e aggiunge – Su questa linea di indirizzo, il Ministero dell’Interno ha avviato le iniziative per l’attivazione del nuovo sistema informativo di tracciamento delle armi previsto dall’art. 11 del Decreto legislativo n. 104/2018. Ulteriori misure di controllo della circolazione delle armi saranno introdotte con l’approvazione della legge comunitaria, ci cui è in corso l’iter parlamentare». Secondo il ministero, quindi, i controlli ci sono e bastano a tenere sotto controllo una situazione che in realtà, e lo dicono i numeri e i fatti di cronaca drammatici, è del tutto fuori controllo: tra il 2017 e il 2019 sono stati almeno 131 gli omicidi perpetrati con armi regolarmente detenute a fronte di 91 omicidi di tipo mafioso e dei 37 per furti o rapine.

E ancora, in base ai dati della polizia di Stato, si registra un incremento del 9,6% tra il 2013 e il 2020 del numero di licenze di porto d’armi. «La risposta del Viminale non è rassicurante, sottovaluta un’emergenza che invece è concreta – afferma Magi – Non prende in considerazione quindi un intervento sulla legislazione vigente. Ci sarebbe, invece, da riconsiderare le modifiche dell’art 52 del codice penale, secondo le quali nei casi di difesa cosiddetta domiciliare sarebbe “sempre” sussistente la proporzione tra reazione e offesa – continua – questo ha condizionato molto l’opinione pubblica che a mio parere si sente più autorizzata a usare armi da fuoco per difendersi, andando così sempre più verso una giustizia fai da te. Servono inoltre più controlli sulla condizione psichica di chi detiene le armi». Serve più che mai un intervento che chiarisca che il porto d’armi non equivale alla licenza di uccidere.

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.