Alle Radici
Fuori da tutto
Trump: disimpegno e isolazionismo. Se la Cina occupa lo spazio lasciato libero da Washington

Fuori dall’Oms, fuori dal Consiglio Onu per i Diritti umani, stop ai fondi all’Unrwa e via allo smantellamento dell’Usaid, l’agenzia del governo statunitense per gli aiuti internazionali. I primi passi della nuova amministrazione Trump sul piano del multilateralismo fanno pensare a una ridefinizione radicale del ruolo degli Stati Uniti nelle istituzioni internazionali. Questo disimpegno, però, non è un fenomeno isolato né senza precedenti: affonda le sue radici in un dibattito di lunga data sulla funzione e sull’opportunità del multilateralismo nella politica estera americana.
I precedenti
La tradizione isolazionista degli Usa ha sempre convissuto con un’aspirazione globale. Fin dalla dottrina Monroe (1823), Washington ha mostrato un’inclinazione a proteggere i propri interessi senza impegnarsi eccessivamente in alleanze permanenti. Il precedente storico più significativo è il fallimento della Società delle Nazioni: creata nel 1919, voluta da Woodrow Wilson, ma affondata dal rifiuto del Senato americano, timoroso di vincoli a guerre future. Questo atteggiamento cambia dopo la fine della Seconda guerra mondiale, quando gli Stati Uniti si assumono la responsabilità di architettare un nuovo ordine internazionale, basato sulle regole e sulla cooperazione.
Il vincolo indebolito
Questo impegno, però, è stato spesso strumentale e condizionato dalle logiche della Guerra Fredda: il multilateralismo postbellico serviva a consolidare la leadership americana e a contenere l’Urss, più che a creare un sistema internazionale realmente condiviso. Con la fine della Guerra Fredda, si è indebolito il vincolo strategico che giustificava la partecipazione attiva americana a queste istituzioni. Già negli anni ’90 il Congresso comincia a frenare i finanziamenti all’Onu e a criticare le operazioni di peacekeeping. Ma è con George W. Bush, dopo l’11 settembre, che la diffidenza verso il multilateralismo diventa un principio guida – con il rifiuto del Protocollo di Kyoto, la guerra in Iraq senza mandato Onu e le critiche alla Corte Penale Internazionale.
Qual è il beneficio
Trump sta portando questa tendenza all’estremo, con un approccio dichiaratamente transazionale: gli Stati Uniti partecipano alle istituzioni internazionali solo se ne traggono un beneficio immediato e misurabile. Ciò implica una serie di rotture con l’assetto post-1945, “correzioni” necessarie per ripristinare la sovranità americana. Ma questa visione ignora un dato storico cruciale: il multilateralismo ha sempre servito, più che limitato, l’egemonia statunitense. Il disimpegno rischia di lasciare spazio a nuovi attori globali, come la Cina, che stanno occupando il vuoto lasciato da Washington nelle istituzioni internazionali.
Il ritiro dagli organismi multilaterali non ha dunque solo un impatto diretto sulla politica americana, ma riverberi profondi sull’ordine internazionale stesso. Il rischio è quello di preparare il terreno a un sistema più frammentato, in cui la forza del diritto cederà il passo al diritto della forza.
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